mercoledì 1 ottobre 2008

Sconsigliato il sesso con l'amante: fa venire l'emicrania

Il mal di testa riguarda 8 milioni di italiani, soprattutto donne, e il 30 percento fra bambini e adolescenti. Circa un terzo delle persone colpite da una o più forme di cefalea sono soggette a obesità. Il 50 percento dei malati non si rivolge al medico. Sono solo alcuni dei dati che verranno presentati a Torino nel corso del XXII Congresso Nazionale della Società per lo studio delle Cefalee che si terrà dal 2 al 4 ottobre. Gli esperti, guidati dal professore Lorenzo Pinessi, direttore della Clinica neurologica e del Centro cefalee dell’università di Torino, dice che negli ultimi anni si sono fatti passi da gigante nel campo della lotta alle varie forme di cefalea, fra cui l’emicrania, quella più invalidante. Per esempio ci si è resi conto che molto spesso basta osservare piccole e banali regole del vivere quotidiano per cercare di evitare l’insorgere delle crisi. Una di queste riguarda l’attività sessuale. “In alcuni uomini fare l’amore può scatenare una dolente cefalea – dice Pinessi - la cui intensità è proporzionale all’eccitazione, culmina nell’orgasmo e può durare alcune ore. Il rischio aumenta se la relazione è trasgressiva e se si mangiano alcuni cibi – vino, formaggi, cioccolata e altri ritenuti afrodisiaci come crostacei e champagne”. Il fenomeno riguarda soprattutto i maschi che già soffrono di altri disturbi come la cefalea da sforzo o ipertensione, o che fanno abbondante uso di farmaci vasodilatatori come il Viagra. Solo in una piccola percentuale di casi (3-4 percento) dietro alla cefalea sessuale può nascondersi la presenza di un aneurisma. “E in questi casi – spiega Pinelli – è necessario sottoporsi al più presto a una visita specialistica in modo da scongiurarne la rottura”. Per ciò che riguarda il caffé i neurologi sono soliti sconsigliarlo a chi soffre di mal di testa, poiché la bevanda eccitante incrementa il dolore e favorisce la cronicizzazione della cefalea. Tuttavia c’è una forma di malattia che può essere tenuta a bada proprio ingerendo dosi moderate di caffé, per esempio una tazza prima di andare a letto. Il riferimento è alla cosiddetta cefalea ipnica, una forma di mal di testa che colpisce solo durante il sonno. In questi casi la caffeina è in grado di alleviare il dolore alla testa svolgendo una azione diuretica e aiutando a smaltire liquidi in eccesso. Altra regola da seguire: evitare il contatto con odori forti e profumi. Si parla in questi casi di omofobia, vale a dire la repulsione per gli odori, che può essere considerata causa di insorgenza e sintomo altamente specifico dell’emicrania. Fra gli odori che, con maggiore facilità, possono scatenare un attacco di cefalea ci sono il fumo di sigaro e sigarette, la benzina, i detersivi, i disinfettanti, i solventi, le vernici. Infine a Torino si parlerà anche delle ultime tecniche mediche in grado di contrastare la malattie, fra cui la Transcranial Magnetic Stimulation (TMS) e la Neurostimolazione suboccipitale.

Iperattivi e disattenti. Adulti peggio dei bimbi

L’ADHD, ovvero Attention Deficit Hyperactivity Disorder (in italiano “disturbo da deficit di attenzione con iperattività”) è stato descritto per la prima volta nel 1845, ed è oggi riconosciuto ufficialmente come disordine neuropsichiatrico dell’età evolutiva. I bimbi soggetti a questa patologia sono perennemente irrequieti, non riescono a concentrarsi, perdono subito la pazienza e si abbandonano a capricci esasperanti. In età scolare, il disturbo, affligge il 3-5 percento dei bambini, l’1 percento in forma particolarmente grave. In realtà ci si è resi conto da poco che la patologia non è solo appannaggio dei più piccoli, ma riguarda anche il mondo adulto, dove riconoscerla, è ancora più complicato. In particolare, stando a una serie di stime effettuate in America, e diffuse dal giornale Usa WebMD, il fenomeno concernerebbe 9-10 milioni di statunitensi di età superiore ai 18 anni, il 75 percento dei quali non viene nemmeno considerato malato. A questo proposito degli scienziati hanno stilato un elenco di sintomi chiave ai quali riferirsi in caso di sospetto ADHD adulto: scarsa attenzione, irrequietezza, impulsività, disorganizzazione, tendenza a perdere le cose, tendenza a rimandare gli impegni, labilità mnemonica, difficoltà a finire gli incarichi. Gli adulti vittime dell’ADHD presentano anche svariati sintomi fisici e psichici, spesso facilmente confondibili con altre patologie: per esempio possono esserci manifestazioni ansiogene e depressive (ciò accade nel 40 percento dei malati), insonnia, disturbi gastrointestinali. Inoltre hanno difficoltà a stare fermi, quando sono seduti, picchiettano le dita sul tavolo o sulla scrivania, muovono di continuo le gambe, ed è come se, in ogni istante, due o tre pensieri si accavallassero contemporaneamente nel loro cervello. Possono poi avere difficoltà ad organizzare il loro ambiente e lo si riconosce, per esempio, dal fatto che i fogli su cui lavorano, i files, i notebook, le scrivanie sono incredibilmente disordinati. D’altra parte riescono ad essere anche molto creativi. Spesso infatti, a questa patologia, sono associate anche buone qualità come senso artistico, intuitività, empatia, inventiva, affettuosità, capacità di provare entusiasmo e di appassionarsi alle cose. Senza trattamento, il disturbo da iperattività, può però talvolta degenerare e creare non pochi problemi alla persona adulta, in ambito relazionale e salutare. Per esempio si è visto che le persone affette da questa patologia sono più propense a dipendere da alcol e droghe; divorziano di più, fanno più incidenti stradali, non sanno amministrare oculatamente i propri beni e spesso guadagnano molto meno di quanto il loro intelletto gli consentirebbe di fare. In genere si è visto che nel 30-70 percento dei casi un bimbo malato di ADHD, lo sarà anche da adulto. Il problema è che, in questo frangente, il disturbo da iperattività è molto più difficile da diagnosticare, e spesso sfugge anche agli addetti ai lavori. Capita infatti che un adulto si rechi da uno psicologo o da uno psichiatra per disturbi emotivi di varia natura dipendenti dal ADHD, e venga poi curato per manifestazioni patologiche (come l’ansia) ad esso collegati, senza quindi individuare il problema alla radice. Negli adulti, peraltro, i comportamenti dell’ADHD potrebbero risultare modificati o mascherati. Gli adulti iperattivi spesso cercano lavori e stili di vita che siano compatibili con il loro modo di essere perennemente attivi, perciò l’iperattività può non essere vista come una malattia. Alcuni adulti, addirittura, si accorgono di essere soggetti al disturbo solo quando scoprono che i loro stessi figli sono affetti da ADHD. Per curare la patologia ci sono i farmaci. La Fda ha recentemente approvato l’utilizzo di nuovi medicinali fra cui Adderall XR, FOcalin XR, e Vyvanse, che arrecherebbero ottimi benefici. In alternativa buoni risultati si ottengono anche dalla terapia cognitivo comportamentale.

I numeri del cuore

Anche il cuore ha i suoi numeri: quelli riferiti ai malati e all’incidenza delle patologie cardiovascolari e quelli da rispettare per non correre il rischio di ammalarsi. Questo il tema della nona edizione della Giornata Mondiale per il Cuore – intitolata “Conta su di te! I numeri giusti fanno bene al cuore - che avrà luogo in tutta Italia domenica 28 settembre e servirà a rendere noti questi dati, oltre a offrire, a chi lo desidera, l’occasione di sottoporsi a screening gratuiti in grado di far luce sulla salute del proprio cuore, valutando parametri chiave come la pressione arteriosa, il battito cardiaco, il livello di grassi nel sangue, colesterolo e trigliceridi. Partendo dal primo gruppo di numeri scopriamo che, ogni 26 secondi, un uomo è colpito da infarto; ogni minuto una persona muore per un evento coronarico; il 38 percento dei sopravvissuti a un infarto perisce nell’arco di 365 giorni. Soltanto in Italia, per malattie legate al cuore, sono in cura più di 800mila persone e il 42 percento dei decessi che avvengono nel Belpaese sono dovuti a questo tipo di patologie. Il 62 percento degli uomini e il 61 percento delle donne hanno un livello di grassi nel sangue eccessivo. Il 31 percento delle donne adulte e il 33 percento degli uomini soffrono di ipertensione arteriosa, spesso non curata. Il 22 percento delle donne e il 18 percento degli uomini sono obesi e hanno un indice di massa corporea (IMC) rispettivamente attorno a 26 e 27 kg/m2, con una circonferenza-vita media di 85 e 95 centimetri. Il 6 percento delle donne e il 9 percento degli uomini sono diabetici, hanno quindi livelli di zuccheri nel sangue troppo elevati, e oltre il 50 percento di questi non si sottopone ad alcuna terapia. C’è poi la cosiddetta sindrome metabolica (situazione patologica caratterizzata dalla presenza simultanea nello stesso paziente di diversi disordini metabolici) che, fra gli over 65, riguarda una donna e un uomo ogni tre. “Sono numeri importanti che ci aiutano a riflettere e a metterci nelle condizioni di prevenire anziché curare – dice Roberto Ferrari, Presidente della Società Europea di Cardiologia (ESC) – basandoci sul fatto che negli ultimi 30 anni la vita media della popolazione è aumentata grazie alla medicina di ben 10 anni. In particolare, la cardiologia, ha contribuito per oltre sei anni di vita, contro, per esempio, i 2,4 mesi dell’oncologia. Ne consegue che possiamo fare di più, ma i cittadini devono collaborare ed aiutare i cardiologi nella lotta contro queste malattie”. Come? “Riconoscendo i diversi fattori di rischio e capire su quali ognuno di noi può agire – afferma Rodolfo Paoletti, professore emerito dell’università di Milano e presidente della Fondazione Italiana per il Cuore. E qui entra quindi in gioco il secondo gruppo di numeri: quelli appunto da rispettare per mantenere in salute il nostro muscolo cardiaco. Iniziamo con la pressione arteriosa che, a riposo, dovrebbe essere inferiore a 80-120. Oltre questi limiti conviene correre ai ripari, specialmente se la minima supera i 90-95. Con l’età la pressione tende a innalzarsi, per via di un fisiologico restringimento dei vasi sanguigni, tuttavia oggi la medicina dispone di farmaci molto efficaci per tenerla sotto controllo. Il colesterolo buono (HDL), considerato lo ‘spazzino’ delle arterie, impedisce la formazione della placca aterosclerotica e dovrebbe essere superiore ai 40 mg/dl; mentre il colesterolo cattivo (LDL) che favorisce il deposito di grasso sulla parte delle arterie e può predisporre all’infarto, dovrebbe essere inferiore a 100 mg/dl. La circonferenza addominale nelle donne dovrebbe essere inferiore a 80 centimetri, nell’uomo a 94 centimetri. Importante, infine, per la salvaguardia del cuore anche la condotta di vita basata su un’alimentazione sana e l’esercizio fisico e assenza di fumo e alcol. Per la salute del cuore i medici raccomandano 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, dolci un paio di volte la settimana, pesce 2-3 volte la settimana; non eccedere con l’utilizzo del sale nei cibi durante la cottura o il condimento e non limitare il consumo di latte, yogurt e latticini in generale, importanti per il rifornimento di calcio. Per ciò che riguarda l’attività fisica è bene affrontare quotidianamente passeggiate o giri in bicicletta; mentre per attività fisiche più impegnative, come il sollevamento pesi, il consiglio è quello di non superare le due volte la settimana. “Anche lo stress, l’insoddisfazione nel lavoro e nella famiglia e l’inquinamento atmosferico cominciano ad avere un significato fra i fattori di rischio cardiovascolare – sottolinea Andrea Peracino, vice presidente della Fondazione Italiana per il Cuore -. E poi fattori come l’età e la familiarità, anche se non modificabili vanno tenuti in considerazione”. Tra gli appuntamenti più significativi della Giornata Mondiale per il Cuore si ricordano, a Milano, le iniziative del Centro Cardiologico Monzino IRCCS che organizzerà incontri e dibattiti sulla salute del cuore, oltre a offrire ai cittadini la possibilità di farsi misurare gratuitamente i livelli di colesterolo e pressione; a Olevano Romano (Roma) sarà possibile sottoporsi a visite cardiologiche complete; prevista anche una passeggiata per i cittadini intitolata “10mila passi per la salute”. Infine il Comune di Bologna in collaborazione con l’università della città allestirà in Piazza Maggiore una tenda della Croce Rossa dove degli specialisti si metteranno a disposizione dei cittadini, fornendo notizie su come prevenire le malattie cardiovascolari nella varie fasce di età e in particolare nei giovani.

Cibi light e cinque litri d'acqua. I falsi miti della dieta salutista

Il 5 percento della popolazione italiana soffre di un disturbo alimentare. Nella maggioranza dei casi il fenomeno riguarda individui colpiti da anoressia e bulimia, patologie concernenti il rifiuto del cibo o la smodata assunzione di alimenti (con o senza condotte di eliminazione, vomito o uso di lassativi). Ultimamente, però, si stanno facendo strada nuove ‘nevrosi alimentari’ più difficili da classificare, perché assimilate a condotte di vita salutari. Secondo gli studiosi dell’Associazione specialisti di scienza dell’alimentazione ci sono almeno tre nuove categorie di disturbi alimentari. La prima riguarda i cosiddetti “iperattivi coatti”. Si tratta di persone che, ossessionate dalla linea, mangiano più o meno regolarmente, ma si sottopongono a esercizi fisici estenuanti, oltre le proprie capacità fisiche. “Sono persone che non riescono a stare ferme, e appena finiscono di mangiare camminano magari per ore – racconta a Libero Roberto Ostuzzi, presidente della Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare -. Per esempio ci sono ragazze che percorrono ogni giorno fino a venti chilometri, o altre che passano ore e ore in palestra. Il fenomeno, come tutte le altre forme di disturbo alimentare, riguarda soprattutto giovanissime di età compresa fra i 14 e i 20 anni”. Questa nuova forma di nevrosi alimentare coinvolge il 20 percento dei malati di disturbi legati all’alimentazione. La seconda categoria concerne persone che bevono acqua in continuazione, con la scusa magari di purificare il corpo e ripulire l’intestino: in realtà il loro scopo è quello di debellare il senso di fame ingerendo liquidi in quantità. Molti individui colpiti da questa forma di nevrosi alimentare (il 10 percento del totale dei malati) arrivano a bere anche 5-10 litri di acqua al giorno. In questo gruppo vengono annoverati anche i giovani che esagerano coi superalcolici, convinti che gli zuccheri presenti nelle bevande siano sufficienti a sostituire pranzo o cena. “Tempo fa, nelle università, non si vedeva una ragazza con una bottiglietta di acqua nella borsetta. Oggi ce l’hanno tutte – continua Ostuzzi -. In realtà l’assunzione eccessiva di liquidi può essere assai grave per l’organismo, portando a iponatremia, nome specifico dell’intossicazione d’acqua”. Infine c’è il gruppo di persone che mangia solo ‘sano’, soffermandosi ossessivamente sulle etichette dei prodotti, puntando sui prodotti ‘bio’, su quelli ‘light’, privi di conservanti e via dicendo, il 5 percento dei malati di disturbi alimentari. Quando il cibo ‘sano’ diventa però un pretesto esasperante per mantenersi in salute, possono subentrare problemi seri come scomparsa delle mestruazioni, sviluppo di stadi di osteoporosi precoce, problemi gastrici e malattie del sistema immunitario. “In questo caso si parla di ortoressia, un disturbo dell’alimentazione molto diffuso, corrispondente a una forma di attenzione eccessiva alle regole alimentari, alla scelta del cibo e alle sue caratteristiche – spiega Ostuzzi -. Spesso è difficile da riconoscere perché si presenta come una scelta salutista”. Ma perché ci si ammala di questo tipo di disturbi alimentari? “Dietro a qualsiasi ossessione relativa al corpo si nasconde sempre un disagio affettivo – ci racconta Fabiola De Clercq, presidente e fondatore di ABA, associazione che da vent’anni segue i malati di bulimia e anoressia -. Anche in queste tre categorie si annoverano quindi giovani che hanno difficoltà relazionali, che risolvono concentrandosi morbosamente sul proprio corpo”.

Nel nostro paese sono circa tre milioni le persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare e il loro numero è in costante aumento.

Secondo il “Primo monitoraggio sui disturbi alimentari online in Italia”, condotto da Eurispes, ogni anno si contano in Italia 3500 nuovi casi di anoressia e 6000 di bulimia.

La media, secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute, è di 6 nuovi casi ogni 100mila abitanti e ad essere interessati dal fenomeno sono soprattutto i giovani tra i 12 e i 25 anni.