mercoledì 15 aprile 2009

AGORAFOBIA

Segregata in casa per vent’anni a causa di una grave forma di agorafobia una 40enne inglese torna a camminare per le strade del suo quartiere grazie a internet. Sue Curtis, questo il suo nome, per anni, non ha avuto il coraggio di mettere piede fuori casa, per non correre il rischio di essere travolta dal panico. Nonostante ciò è riuscita a condurre una vita (quasi) normale, si è sposata (in salotto) e ha allevato due figli (che non ha mai accompagnato all’asilo, al parco o in piscina). Qualche giorno fa, però, la svolta. La donna, dopo aver scaricato dalla Rete dei corsi - curati da psicologi - per vincere le proprie paure ed essersi confrontarsi con Google Maps - software che consente di visualizzare nei dettagli le caratteristiche urbanistiche del proprio paese e delle vie che circondano una certa abitazione - è riuscita per la prima volta a passeggiare dietro casa, a South Shields, in compagnia dei figli Alan e Grant: “Per una persona normale può sembrare poco – rivela Curtis - ma per quello che ho passato io ha del miracoloso”. L’entusiasmo ha quindi convinto la donna a credere che presto potrà tornare a condurre un’esistenza normale: “Grazie a internet mi si sono aperte nuove possibilità di guarigione – spiega -. E ora spero di tornare a muovermi liberamente senza paura”. I problemi di Sue Curtis iniziano quasi vent’anni fa, quando i suoi bambini erano appena nati. Un giorno decide di andare a fare un giro in libreria. Appena fuori, però, accade qualcosa di inaspettato. La donna avverte una sensazione di terrore immotivata, associata alla paura di impazzire e svenire. Torna a casa e da quel giorno non ne esce più. “Da quel momento le cose per me sono drasticamente cambiate – racconta Sue -. Giorno dopo giorno ho infatti iniziato a soffrire di violentissimi attacchi di panico che in pratica mi hanno costretto all’immobilità. Ho anche trascorso 18 mesi di fila a letto”. Il fenomeno non è isolato. Un altro caso limite di agorafobia risale a una paio d’anni fa. Una donna neozelandese di 75 anni – Joyce Irene Riley – si è lasciata addirittura morire di fame dentro la sua abitazione per non aver trovato il coraggio di uscire di casa dopo la morte improvvisa del figlio 43enne, nonostante l’intervento degli assistenti sociali e della polizia. “Purtroppo casi limite come questi sono realistici – spiega Giampaolo Perna, responsabile del Centro disturbi d’ansia del San Raffaele di Milano -. Anche in Italia ci sono stati (e ci sono) casi di persone che non escono di casa da 6 o 7 anni”. In ogni caso dall’agorafobia - che con gravità diverse coinvolge il 5-8% degli italiani - si può guarire e anche internet può essere d’aiuto. “La Rete potrebbe rivelarsi un alleato prezioso per vincere questi disturbi – chiude Perna -. La conferma la avremo fra qualche anno quando potremo verificare i dati di alcuni studi in corso”. Ma che cos’è questa malattia che limita fortemente la vita delle persone che ne soffrono? Agorafobia deriva dal greco e significa letteralmente “paura degli spazi aperti”. Chi è colpito da questa patologia psichica ha difficoltà ad attraversare strade e piazze, fa fatica a muoversi in mezzo alla gente (al supermercato, al ristorante, a teatro) e in certi casi anche a guidare l’automobile. Come tanti altri fenomeni legati alla psiche l’agorafobia viene curata assumendo farmaci ansiolitici o sottoponendosi a terapie psicologiche come quella cognitivo comportamentale che mira a limare certi lati del carattere che facilitano l’insorgenza dell’ansia. Purtroppo non sempre le terapie hanno successo. E così alcune persone sono costrette a vivere segregate in casa, incapaci anche di compire un piccolo passo al di là dell’uscio della propria abitazione.

(Pubblicato su Libero il 15 aprile 09)

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