martedì 31 agosto 2010

Intervista a Michael Pollan


Michael Pollan, 55enne americano, è scrittore, giornalista, naturalista e professore di giornalismo alla University of California di Berkeley. È diventato celebre con “Il dilemma dell'onnivoro” (The Omnivore's Dilemma), libro dedicato ai tanti misteri che circondano l'industria alimentare, e giudicato dal New York Times fra i migliori cinque libri del 2006

Marzo 09, slowfood.com
L'AGRICOLTURA SOSTENIBILE È IN GRADO DI NUTRIRE IL MONDO?
In realtà non lo sappiamo perché non ci abbiamo ancora provato. In ogni caso, così come ci poniamo il problema di un futuro industriale con meno combustibili fossili, dovremmo anche iniziare a pensare al modo migliore per produrre cibo rispettando l'ambiente. Ci sono numerose indicazioni per farlo.
PER ESEMPIO?
Abbiamo analizzato l'attività di piccole fattorie che risultano più produttive delle grandi aziende. È stato possibile appurare che le poli-colture - che richiedono meno combustibile - possono produrre più cibo vero. Va tenuto presente che l’agricoltura commerciale non fornisce solo cibo vero: il 50% di ciò che coltiviamo è destinato agli animali e un altro 10% viene utilizzato come carburante per le nostre auto. Etanolo e biocarburanti sono materie prime industriali e non cibi da mangiare. Se coltivassimo solo cibo da mangiare, avremmo terra in abbondanza.
QUAL È IL PROBLEMA?
Così non nutriamo il mondo, ma animali e automobili e, con questo sistema, la gente muore di fame. L’idea di Slow Food di coltivare cibo vero, vicino ai luoghi in cui la gente lo consuma, ha un potenziale enorme, ma ci vorrà molto tempo e lavoro. Dovremo convogliare sull’agricoltura poli-colturale le ricerche e gli sviluppi che oggi dedichiamo al cibo industriale.

Novembre 08, The Progressive
LEI SOSTIENE CHE L'AGRICOLTURA INDUSTRIALE SIA IL RISULTATO DELL'IGNORANZA DEI CONSUMATORI...
In un certo senso sì: se le persone sapessero come viene prodotto il loro cibo, come vengono allevati e macellati gli animali, cambierebbero drasticamente il loro modo di mangiare.

Gennaio 08, cabaretbisanzio.com
NEL SUO ULTIMO LIBRO DICE CHE MOLTA CONFUSIONE VIENE CREATA DAI MEDIA, CHE FANNO, PER ESEMPIO, PASSARE PER SALUTARE UN CIBO ADDIZIONATO DI ANTIOSSIDANTI, INVECE DI SPINGERE LA GENTE A NUTRIRSI CON PRODOTTI NATURALI. CI RACCONTA LA STORIA DELLA MARGARINA?
L’esempio della margarina, il primo cibo sintetico prodotto nell’Ottocento, è un altro caso evidente di danno alimentare dovuto alla lavorazione industriale. Si scoprì che il metodo escogitato dagli scienziati per rendere solido l’olio vegetale (l’idrogenazione) produceva acidi trans, i quali, come ora sappiamo, sono più pericolosi dei grassi saturi che dovevano sostituire. D’altra parte il bello di un cibo artificiale è che può essere modificato all’infinito. Oggi i grassi trans sono scomparsi dalla margarina, la quale procede indisturbata la sua marcia: a quanto pare ha sette vite. Peccato non si possa dire lo stesso di un numero imprecisato di suoi consumatori.

Giugno 10, csmonitor.com
SU FACEBOOK LA INDICANO COME IL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA IDEALE PER GLI USA. COSA NE PENSA?
La causa che sto portando avanti, in effetti, avrebbe bisogno di una leadership, tuttavia io non sono l'uomo giusto. Io non sono un politico. Non saprei negoziare con l'industria alimentare, né muovermi a livello legislativo. Ci vogliono persone che conoscano a dovere la politica di Washington. In ogni caso è per me una bella soddisfazione. Significa che la mia battaglia sta coinvolgendo sempre più persone.

Gennaio 2006, cittadiniecologisti.it
QUAL È IL RAPPORTO FRA MORALITA' E CAPITALISMO? E COSA C'ENTRANO IN TUTTO QUESTO GLI ANIMALI?
Tra l’imperativo capitalista della massima efficienza a ogni costo e quello morale, che storicamente ha fatto da contrappeso alla cecità etica del mercato, è sempre esistita una certa tensione. Questo è un altro esempio delle contraddizioni culturali del capitalismo, un sistema in cui, col tempo, l’impulso economicista tende a erodere i pilastri morali della società. La pietà nei confronti degli animali da noi allevati è una delle ultime vittime.

Marzo 07, ted.com
DA DOVE POTREMMO PARTIRE PER COMINCIARE A CAMBIARE LE COSE?
È necessario cambiare il nostro rapporto col mondo naturale e con le altre specie. L'egocentrismo umano può essere vinto cominciando a valutare noi stessi dal punto di vista degli esseri viventi che ci circondano: piante e animali.

(L'originale pubblicata su Newton)

lunedì 30 agosto 2010

Trivella, ecoscandaglio, batiscafo. I mezzi per la caccia al tesoro


BATISCAFO

È un piccolo sommergibile ad auto propulsione. Viaggia a 1-3 nodi, grazie all'azione di batterie di accumulatori in grado di assicurare un'autonomia da tre a dieci ore. È costituito da due elementi principali: uno scafo leggero, con compartimenti stagni pieni di gas o liquidi con densità inferiore a quella dell'acqua per consentire il galleggiamento, e uno scafo resistente, rappresentato da una cabina sferica di acciaio, con pareti spesse da dieci a diciotto centimetri; in quest'ultima sede sono ubicate tutte le apparecchiature di comando. “Alvin” viene utilizzato nel 1986 per fotografare il relitto del transatlantico Titanic, affondato nel 1912 al largo dell'oceano Atlantico, dopo una collisione con un iceberg. Il batiscafo “Trieste II” della Marina militare USA, consente invece di raggiungere - il 23 gennaio 1960 – i 10.916 metri di profondità della Fossa delle Marianne, sopportando una pressione di 1,17 tonnellate su centimetro quadrato, pari a circa mille volte quella atmosferica.

TRIVELLA

Si basa sull'azione di un elicoide che, ruotando intorno al proprio asse, estrae materiale terroso e roccioso, creando una perforazione più o meno grande. Lo scavo di un pozzo, in particolare, viene eseguito con macchine dette sonde perforatrici. Quelle di ultima generazione sono rappresentate da macchinari molto complessi, che possono raggiungere dimensioni e pesi notevoli. Sono in grado di adattarsi a tipologie di rocce differenti, mediante la sostituzione degli scalpelli, corpi contundenti situati nella parte finale della trivella. Questo tipo di intervento è stato adottato durante le ricerche del tesoro di Oak Island, in Nuova Scozia.

FOTOGRAFIA AEREA

Sono tre i parametri che consentono di individuare aree di scavo tramite la fotografia aerea. Il più comune riguarda la crescita differenziata della vegetazione: dove vi sono reperti importanti la vegetazione cresce rada, gli alberi sono meno alti. E dal cielo è perfettamente visibile. Il secondo parametro concerne le diverse colorazioni del terreno: se improvvisamente il suolo diviene più chiaro o più scuro potrebbe nascondere qualcosa. Il terzo si basa sulle ombre che si formano in seguito alla luce radente dell'alba o del tramonto, rivelando materiali sepolti. Con questa tecnica – all'inizio di quest'anno – sono state individuate 200 strutture circolari e poligonali sul confine fra Brasile e Bolivia, per una lunghezza di oltre 250 chilometri: sarebbe ciò che rimane della leggendaria El Dorado, la mitica città d'oro nascosta nella foresta amazzonica.

ECOSCANDAGLIO

Viene utilizzato per misurare la profondità del mare e dei laghi e in campo militare per individuare la presenza di sommergibili nemici. Il sinonimo SONAR (Sound Navigation And Ranging) indica una tecnologia basata su un segnale sonoro che viene riflesso dal fondo marino, permettendo agli esperti di rivelare la posizione di un corpo sommerso. Con questo sistema è stato possibile localizzare due relitti carichi di anfore a poco meno di 200 metri di profondità, nelle acque antistanti Panarea.

RILEVATORE DI CAVITA' SOTTERRANEE

È lo strumento ideale per la ricerca in campo archeologico, militare, industriale e per l'individuazione di tesori sepolti. Con esso è possibile evidenziare tunnel, cavità, masse metalliche, depositi minerali, masse d'acqua nel sottosuolo, fino a oltre 25 metri di profondità, con scansione tridimensionale nel computer. Cavefinder A, della tedesca OKM, si basa sull'azione di quattro sonde, con venti metri di cavo ciascuna, e display lcd che indicano gli oggetti rivelati. VLF Emitter, della stessa azienda, emana un campo magnetico nel sottosuolo, fino a circa dieci metri di profondità. È caratterizzato da quattro box che - disposti agli angoli della superficie da analizzare - permettono di scansionare l'area tramite sonde sensibili e identificare tesori nascosti.


METALDETECTOR

Rivela la presenza di metalli nel sottosuolo, sfruttando la cosiddetta “induzione elettromagnetica”. Permette di riconoscere oro, argento, rame, alluminio, ferro. Un segnale acustico, un grafico digitale o un segnale luminoso a forma di curva sul display, indicano l'esistenza di un oggetto sepolto. Molte persone comuni (soprattutto in Inghilterra) vanno a caccia di tesori con il metaldetector, spesso tornando a casa con bottini ragguardevoli. L'anno scorso, per esempio, il 35enne David Booth s'è messo a perlustrare i dintorni della sua abitazione rinvenendo quattro collane d'oro, risalenti a 2300 anni fa, per un valore di un milione e 100mila euro. Cliff Bradshaw, nel 2001, ha guadagnato 270mila sterline per aver riportato alla luce una preziosa coppa d'oro dell'Età del Bronzo, risalente a 3.500 anni fa. Mentre Terry Herbert – che cerca tesori da 18 anni - ha accumulato oltre cinque chili di oro e 1,3 chili di argento. Anche in Italia il fenomeno è diffuso: verso la fine dell'estate squadre di “cercatori di tesori” passano al setaccio le spiagge in cerca di monete, ori, gioielli smarriti accidentalmente dai bagnanti.

RILEVAMENTI RADAR

Con questo sistema è stato riportato in luce l'antico porto di Trafalgar, a una cinquantina di metri dalla superficie marina. Il metodo si basa sull'azione di segnali radar rilevati per via aerea. Si utilizzano, in particolare, onde elettromagnetiche (onde radio o microonde) per determinare distanza, altezza, direzione sia di oggetti fissi che di oggetti in movimento. Secondo gli archeologi questa tecnica consente di localizzare rapidamente giacimenti di grande valore archeologico, abbattendo i costi delle spedizioni.

AUV (Autonomous Underwater Vehicle)

Rappresentano la svolta nelle tecnologie di perlustrazione dei fondali. Il riferimento è a veicoli che non hanno bisogno di essere guidati da umani né da una nave in superficie. I minirobot sommergibili sono in grado di navigare rapidamente e di trasmettere a terra i risultati delle loro indagini. L'era di “Alvin”, il mitico sommergibile che per più di trent'anni ha guidato i ricercatori sui fondali oceanici, finisce qui. Con un Autonomous Underwater Vehicle una spedizione oceanografica della Commonwealth scientific and industrial research organisation dell'Australia (Csiro), ha recentemente scoperto un ricchissimo tesoro di biodiversità marina. Sono state realizzate 100 ore di filmati subacquei e 8mila foto fra i 100 e i 2.000 metri di profondità.

TELECAMERA SUBACQUEA

Strumento fondamentale per tutti coloro che desiderano andare a caccia di tesori in bassi fondali marini. Le telecamere migliori sono appositamente studiate per effettuare riprese in diretta anche in assenza di luce: la resistenza alla profondità – assicurata da una struttura in acciaio inox - è testata in camera iperbarica simulando la pressione riscontrabile a 200 metri di profondità. Consumano poco e si alimentano direttamente dall'imbarcazione. Pochi anni fa, con avveniristiche telecamere subacquee installate ai caschi delle mute da sommozzatori, degli studiosi dell'Università di Oxford hanno recuperato il prezioso tesoro di Hoian, con la più importante collezione di ceramiche del sud-est asiatico, risalente a 500 anni fa.

SCAFANDRO

Il più semplice è costituito da un elmo trasparente leggero con un piccolo serbatoio d'aria compressa, collegato a un camiciotto impermeabile, dal cui fondo fuoriesce l'aria espirata. Questo scafandro funziona bene fino ai dieci di profondità. Per le medie profondità – intorno ai 50 metri - si indossa, invece, una tuta impermeabile, chiusa con lacci di gomma ai polsi e alle caviglie, con un colletto di rame al quale si avvita un elmo dello stesso materiale, caratterizzato da due finestre laterali fisse e una frontale apribile, al quale giunge un tubo che porta aria dall'esterno. Per grandi profondità - fino a 200 metri - si usa uno scafandro metallico a tenuta stagna. Il primo scafandro rigido è stato inventato dall'americano Lodner D. Philips nel 1856. Prese la sua forma definitiva nel 1912. Lo scafandro, però, è in disuso dagli anni Ottanta. Il suo posto è stato preso dalle mute atmosferiche.

ATMOSPHERIC DIVING SUIT (MUTA ATMOSFERICA)

Può essere definita un sommergibile antropomorfico, naturale evoluzione dell'attrezzatura da palombaro. Consente immersioni fino a 600 metri di profondità. Non ha necessità di decompressione e non c'è pericolo di malattia da decompressione o di narcosi da azoto. È attualmente utilizzata per particolari missioni di intervento della Marina italiana e internazionale.

TORRETTA BATOSCOPICA

È uno dei primi sistemi escogitati per permettere l'immersione a elevate profondità. Oggi non si usa più. Questi apparecchi avevano il grosso limite di consentire solo l'osservazione: l'operatore non poteva svolgere alcun intervento diretto. La torretta batoscopica era provvista di arti snodati, di un illuminatore e di una apertura per la visione. Molto simile allo scafandro, permetteva il raggiungimento di elevate profondità, fino a 600 metri, con un'autonomia di varie ore.

domenica 29 agosto 2010

Coloranti alimentari? Meglio evitare se il bimbo ha meno di 3 anni


Coloranti e aromi artificiali negli alimenti? Meglio evitare se il bimbo ha meno di tre anni. Queste sostanze possono, infatti, creare problemi di natura allergica e alterazioni comportamentali. Inoltre creano dipendenza: il piccolo abituato ad assumere cibi e bevande contenenti questi principi attivi, crescendo continuerà a farlo, nutrendosi male e aprendo la strada a patologie come diabete, ipertensione e obesità. Reazioni allergiche sono state riscontrate, per esempio, con coloranti a base di tartrazina (colorante giallo definito dalla sigla E102). La sostanza abbonda nelle bevande gassate, nelle caramelle, ma anche nella frutta e nelle marmellate. Ci possono essere eruzioni cutanee, congestione nasale, e orticaria. Nei casi più gravi possono comparire mal di testa ed edemi. Il carminio (E120) conferisce la colorazione rossa a molti prodotti industriali come i succhi di frutta e gli yogurt. Le allergie in questo caso si manifestano spesso a livello orale con la comparsa di gonfiore alle labbra, stomatite, ed eczemi. Il prodotto viene realizzato artificialmente, imitando le caratteristiche biochimiche delle cocciniglie, piccoli insetti. Altra categoria a rischio per i più piccoli è quella dei solfiti, utilizzati per tenere sotto controllo l'attività dei batteri. Li utilizzavano perfino gli egiziani. Oggi comprendono numerosi prodotti: E220, E221, E222, E223, E226, E227, E228. Queste sostanze sono controindicate soprattutto per i bambini che soffrono di asma. La letteratura medica parla, infatti, di piccoli che ingenerando simili principi attivi accusano crisi di dispnea, tosse e fiato corto. Provocano inoltre alterazioni vitaminiche ai danni delle vitamine del gruppo B, fondamentali per la corretta crescita. I glutammati (E620-625) sono invece tipici delle patatine, dei sughi pronti e degli insaccati. Vengono utilizzati per dare sapore al cibo. Però possono provocare effetti collaterali comprendenti disturbi come mal di testa e formicolio. Controversa, infine, l'ipotesi che i prodotti per rendere più appetibile un alimento o una bevanda possano anche creare casi di iperattività e deficit di attenzione. Sull'argomento non è ancora stato fatto chiarezza. Tuttavia un recente articolo pubblicato sulla rivista The Lancet mette in relazione principi attivi come la tartrazina e il carminio con difficoltà di apprendimento e redimenti scolastici inferiori alla media.

Interview: Giuseppe Chiumello, Professore di Pediatria presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, Direttore unità operativa di Pediatria e Neonatologia e del Centro di endocrinologia dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele.

sabato 28 agosto 2010

Zanne più piccole per difendersi dai cacciatori di frodo


Gli elefanti, per difendersi dal bracconaggio, modificano il proprio assetto genetico, potenziando il gene che inibisce la crescita delle zanne; più grosse sono, infatti, maggiore è il rischio che un esemplare cada vittima dei cacciatori di frodo. Sono le conclusioni di Zhang Li, professore di zoologia presso l’Università Normale di Pechino. Secondo lo studioso, inoltre, nascono sempre più elefantesse, e anche questo sarebbe uno stratagemma messo in atto dai proboscidati per salvaguardare la specie, visto che le femmine sono prive dei caratteristici denti. Le statistiche parlano di un rapporto fra maschi e femmine cambiato, e passato da 1 a 2 a 1 a 4 in Cina, e a 1 a 100 in India. Gli studi di Zhang Li si sono concentrati in special modo sull’elefante indiano (Elephas maximus), con l’elefante africano (Loxodonta africana), unica specie sopravissuta all’ordine Proboscide; nel passato appartenevano a questo ordine più di 350 diverse specie che si sono però estinte. L’elefante indiano è filogeneticamente più vicino al mammut dell’elefante africano. Ed è più piccolo, più chiaro e con le orecchie meno sviluppate rispetto al secondo. In entrambi, le zanne sono usate per scavare, strappare la corteccia degli alberi, raccogliere erba, appoggiarsi a un grosso tronco o utilizzate come armi. Sia il maschio che la femmina dell’elefante africano possiedono le zanne, mentre nell’elefante asiatico è solo il maschio ad averle. Quando pienamente sviluppate le zanne degli elefanti asiatici sono paragonabili a quelle degli africani. Le zanne più pesanti mai trovate sono state recuperate dalla carcassa di un vecchio maschio africano nel 1897 (209 kg, oggi presenti presso il British Museum of Natural History). L’ elefante asiatico é una delle razze più minacciate fra i grossi mammiferi. Si stima che attualmente nel sud-est asiatico vi siano  solamente 30 mila individui. Mentre solo 100 anni fa il loro numero era doppio. Circa 10mila elefanti vengono utilizzati come animali da lavoro. Il 50% di essi si trova in India, e prevalentemente negli stati del nord-est.

mercoledì 18 agosto 2010

CACCIA AL TESORO


TESORO DELLA BAIA DI VIGO

Il 22 settembre 1702, nella baia di Vigo, al largo delle coste spagnole, si affrontano la flotta anglo-olandese, comandata dall'ammiraglio George Rooke, e quella franco-spagnola, con a capo Francois Louis Rousselet. I franco-spagnoli avanzano con diciannove galeoni carichi di oro e gioielli. Ma gli anglo-olandesi sono più forti e alla fine hanno la meglio: sedici galeoni affondano, trasportando con sé il gigantesco bottino accumulato nelle Americhe. Oggi, su una secca non molto profonda, sepolto sotto una spessa coltre di sabbia, giace da più di 300 anni il cosiddetto "tesoro della baia di Vigo": numerosi i tentativi di recupero, ma, per il momento, c'è riuscito solo Nemo, il personaggio di fantasia inventato da Jules Verne.

TESORO DELL'ARIZONA

Quando si viene a sapere che fra i monti a est di Phoenix si nasconde l'oro, l'Arizona viene presa d'assalto da avventurieri e uomini in cerca di fortuna. Il messicano Don Miguel Peralta decide di scavare nelle miniere del cosiddetto "campo di gioco del diavolo" (The Devil's Playground), infischiandosene del no degli apache che abitano quella terra da sempre. Peralta accumula grandi ricchezze, ma la vendetta degli degli indiani non è lontana: l'uomo viene, infatti, trucidato insieme ai suoi uomini nel 1864. La mappa del tesoro - realizzata dallo stesso Peralta - finisce nelle mani di Jacob Waltz e Jacob Weiser, due emigranti tedeschi, che conoscono il nipote del messicano. Wiser viene ucciso dagli indiani, mentre Waltz riesce a impossessarsi di una parte del bottino accumulato da Peralta: muore a Phoenix nel 1891, portando con sé tutti i segreti del cosiddetto tesoro dell'Arizona.

TESORO DEGLI INCA

"Ci sono centinaia di pezzi d'oro e d'argento d'artigianato Inca e pre-Inca, le più belle opere di oreficeria che non potresti nemmeno immaginare, i gioielli più incredibili". Sono le parole usate dal cercatore di tesori Barth Blake che, sul finire dell'Ottocento, si mette in cerca del fantomatico tesoro degli Inca. L'uomo, però, di lì a poco scompare in mare, con la mappa indicante il punto esatto dove sarebbe nascosto il bottino sottratto dal comandante spagnolo Francisco Pizarro, al re degli Inca Atahualpa. Secondo alcuni studiosi potrebbe trovarsi in Ecuador, dove il botanico inglese Richard Spruce, in cerca di una pianta per curare la malaria, disse di aver individuato la mitica "stanza" delle ricchezze Inca: si troverebbe in corrispondenza delle miniere situate sui monti Llanganate.

TESORO DI BARBANERA

Barbanera – il cui vero nome è Edward Teach - ha il controllo del Mar dei Caraibi per un breve periodo fra il 1716 e il 1718, durante la cosiddetta età d'oro della pirateria. Oltre ad arrembare le navi in alto mare, assalta porti in diverse regioni, fra cui Turkill, Grand Cayman, Bahamas. Viene ucciso nella Carolina del Nord nel 1718, ma del suo immenso tesoro non si è mai saputo nulla. Nel 2009, però, gli studiosi del Queen Anne's Revenge Shipwreck Project sono riusciti a riportare in superficie il relitto dell'antico vascello usato dal bucaniere, adagiato a soli sette metri sotto il livello del mare, non lontano dalle coste di Beaufort, North Carolina. Fra i tanti oggetti recuperati, un compasso di navigazione in ottone, oggetti d'oro di matrice francese, un mortaio per miscelare e pestare medicine, e un'elsa di spada.

TESORO DEL GROSVENOR

Il 3 agosto 1782 sulle coste del Natal, in Sudafrica, affonda il Grosvenor, galeone della Compagnia delle Indie inglesi, con un carico d'oro per oltre dieci milioni di euro e forse un trono d'oro appartenuto a Shah Jehan, sovrano dell'impero Mogul, fondatore del Taj Mahal. Il mito del tesoro viene mantenuto vivo da numerosi dipinti e stampe dell'epoca, ma ci sarebbero anche delle prove tangibili: le numerose monete finite sulla battigia di Transkei, di fronte al luogo dell'affondamento. Il relitto giace a una dozzina di metri di profondità. Nel 1957 un sub sostenne di aver individuato i resti della nave e di aver recuperato oggetti preziosi. Mentre è del 2000 la notizia di un team di studiosi dell'Università di Città del Capo che avrebbe individuato dodici cannoni e una miriade di piccoli manufatti proprio nella zona dove il Grosvenor affondò: fra questi una targa in ottone che porta il nome del colonnello Edward James, presente nella lista passeggeri.

TESORO DEI TEMPLARI

Il 5 ottobre 1307, Filippo il Bello, in combutta con il Papa, dà l'ordine di far uccidere tutti i templari - diventati troppo potenti e ricchi - accusandoli di magia nera, delitti e truffe. In realtà un gruppo di cavalieri del Tempio - anche grazie alla lungimiranza del gran Maestro dei templari, Jacques de Molay - riesce a scamparla e a salpare dalle coste francesi per le coste americane (già conosciute grazie ai viaggi vichinghi). I templari sarebbero così approdati a Oak Island, piccola isoletta canadese, dove risiederebbe un pozzo misterioso ("Money Pit"), frutto di una mente geniale, all'interno del quale potrebbe addirittura trovarsi il Santo Graal. Money Pit è stato individuato per la prima volta ne1795 da un certo Daniel McGinnis. A 27 metri di profondità è stata trovata una pietra con la seguente scritta: "A quaranta piedi più in basso sono sepolti due milioni di sterline". In realtà, nonostante i numerosi scavi fatti (l'ultimo risale al 1966), non è mai stato trovato nulla.

TESORO DI CAPITAN KIDD

Prima di morire giustiziato a Londra nel 1701, capitan Kidd accumula almeno tre milioni di sterline assaltando galeoni. Del bottino, però, viene trovata solo qualche briciola nascosta nell'isola Gardiners, presso New York. In compenso, nel 2008, un archeologo della Indiana University, Charles Beeker, individua di fronte alle coste della Repubblica Domenicana, ad appena tre metri dalla superficie, l'ultima nave di capitan Kidd, affondata nel 1699, mentre il suo comandante si trovava a New York nel tentativo di convincere i giudici che non era un malfattore. La Quedagh Merchant non conserverebbe però tesori.

TESORO DI TSUSHIMA

L'incrociatore russo Nakhimov è lungo 101 metri e pesa quasi 8mila tonnellate. Viene affondato il 28 maggio 1905 dai giapponesi nel corso della battaglia di Tsushima. Trascina con sé un grosso carico di monete d'oro e argento. La conferma arriva dalle pagine del giornale britannico Time, secondo il quale, recentemente, una squadra di sommozzatori avrebbe individuato il relitto a un centinaio di metri sotto la superficie marina: in particolare sarebbero stati recuperati dei lingotti in argento, riconducibili al fantomatico tesoro dello zar Nicola II.


TESORO DI HERNY MORGAN

Henry Morgan nasce in Galles nel 1635 e diviene bucaniere nel 1659 compiendo il primo saccheggio a Santiago de los Caballeros (Repubblica Domenicana). Cinque anni più tardi, zio Edward gli regala una nave da 50 tonnellate, con cui inizia a terrorizzare i mari caraibici. Saccheggia Puerto Principe (Cuba), Portobello, Maracaibo, Panama e Santa Catalina. Grazie alla sua fama e alle sue ricchezze viene nominato governatore della colonia della Giamaica. Prima di morire di cirrosi epatica il 25 aprile 1688, sotterra lungo la costa americana tutti i suoi averi, che nessuno è stato ancora in grado di riportare alla luce.

TESORO DI MONTEZUMA

Il tracollo del regno di Montezuma (1502-1520) coincide con l'arrivo degli spagnoli, preannunciato (secondo le leggende locali) da segnali come l'apparizione di una cometa, la distruzione del tempio di Huitzilopochti, e l'inondazione d Tenochtitlan. Montezuma incontra il conquistadores spagnolo Hernan Cortez l'8 novembre 1519 e scambiandolo per un dio lo ricopre di ori e gioielli. Dopo il “Massacro del grande tempio”, operato da Cortez contro le classi nobili del posto, gli spagnoli imprigionano Montezuma, prima di ucciderlo obbligandolo a bere oro fuso. Tutte le sue ricchezze accumulate in quasi venti anni di potere sarebbero nascoste in un imprecisato luogo, sul confine con la Sonora messicana.

TESORO DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE

I gioielli della corona francese vengono trafugati nel 1792 quando il Garde Meuble (tesoro reale) viene preso d'assalto dagli uomini della rivoluzione. Secondo le fonti tradizionali il bottino – comprendente anche il famoso Diamante Sancy (di 55 carati) – viene ritrovato l'anno successivo. Degli storici però sostengono che, prima del furto, un gruppo di realisti avrebbe imbarcato sullo "schooner" Telemaque molte casse di preziosi provenienti dalle regge di Versailles e delle Tuileries, e che il veliero sarebbe poi affondato nell'estuario della Senna, sulla strada per l'Inghilterra.

TESORO DEL BARBAROSSA

Il castello di Trezzo sull'Adda – fra Milano e Bergamo - custodirebbe il tesoro di Federico Barbarossa, imperatore del sacro romano impero nella seconda metà del XII secolo. Secondo alcuni storici potrebbe trovarsi nel giardino o nei sotterranei dell'antico maniero, scavati direttamente all'interno di grotte naturali, in molti casi, però, ormai crollati su se stessi. Nei secoli numerosi temerari hanno cercato il tesoro del Barbarossa, a cominciare dal soldato di ventura Facino Cane, per arrivare al conte di Carmagnola e ai veneziani. L'unico dato certo, però, di queste ricognizioni è che sul finire del '700, in un vano poco distante dalla torre principale del castello, furono rinvenute alcune monete d'oro e d'argento.

TESORO DI LIMA

1820. Gli spagnoli hanno accumulato grandi fortune a Lima, e tentano di nascondere il bottino prima dell'arrivo dei soldati cileni. Nel porto di Callao - allora territorio spagnolo - a bordo del brigantino inglese “Mary Dear”, del capitano William Thompson, vengono imbarcate in fretta e furia tutte le ricchezze della città, fra cui una statua in grandezza originale della vergine Maria in oro massiccio. Il tesoro fa gola a Thompson che decide di impossessarsi della nave. Si dirige verso l'isola di Coco, dove sotterra il bottino in un luogo segreto. In punto di morte rivela le coordinate del tesoro a un tal John Keating, che trasmette l'informazione al quartiermastro Nicolas Fitgerlad. Partono le ricerche ma del tesoro non si è ancora avuta traccia.

TESORO DEI NAZISTI

Si troverebbe venti metri sottoterra dalle parti di Deutschneudorf. In questo villaggio tedesco-orientale a poca distanza dal confine cèco, sarebbe nascosta la mitica Camera d'ambra, il regalo dei prussiani allo zar Pietro il Grande, poi trafugata dagli uomini della Wehrmacht durante l'assedio di Leningrado. Ne sono convinti il sindaco della cittadina, Heinz-Peter Haustein e l'amico cercatore di tesori Christian Hanisch: i due avrebbero già individuato grosse casse contenenti quasi due tonnellate di materiali preziosi fra cui oro e argento. Un altro tesoro nazista sarebbe quello custodito dalle acque del Lago Toplitz, sulle Alpi austriache. In questo caso il riferimento è a una nave tedesca che affondò nello specchio lacustre carica di lingotti d'oro e d'argento sottratti alle famiglie ebree nel corso della Seconda guerra mondiale.

TESORO DELL'IMPERATORE GIALLO

Huang Di, detto l'imperatore Giallo, regna in Cina fra il 2698 e il 2599 a.C. La sua vita leggendaria lo vede protagonista della cattura del mostro Bai Ze e della vittoria su Chi You, mitico re degli hmog, dio della guerra e inventore delle armi in metallo. A lui viene anche attribuita la nascita del taoismo, della scrittura e delle note musicali. Combatte 53 guerre e accumula ingenti tesori che ora giacerebbero sepolti in qualche misterioso angolo della Cina.

martedì 17 agosto 2010

I TESORI DI NAPOLEONE: verità e leggende della ritirata di Russia


«Amica mia, ti scrivo da Mosca, dove sono arrivato il 14 settembre. La città è grande come Parigi. Ci sono seicento campanili e più di mille bei palazzi, è proprio fornita di tutto. La nobiltà è partita, hanno costretto anche i mercanti a partire, il popolo è rimasto. La mia salute è buona, il raffreddore è passato. Il nemico si ritira, a quanto pare, su Kazan. Questa bella conquista è il risultato della battaglia della Moscova». Con queste parole cariche di entusiasmo Napoleone si rivolge a Maria Luisa d'Austria - consorte del condottiero francese - all'indomani della conquista della capitale russa. In realtà non c'è quasi nulla di vero in questa missiva: Mosca in pochi giorni s'è trasformata in una distesa deserta di vagabondi ed ex carcerati, prima di essere consumata dalle fiamme appiccate dagli uomini della polizia locale, per privare di ogni approvvigionamento gli invasori. È stato il governatore militare Fedor Rostopcin a ordinare di evacuare la città e di portarsi dietro tutti i viveri. Per Napoleone le cose si mettono male fin dall'inizio. L'inverno è alle porte e nonostante le vittorie ottenute lungo il cammino della Grande Armata, c'è il serio rischio che i russi possano avere la meglio. Mentre le fiamme divampano i soldati di Napoleone, per fame e rabbia, razziano tutto ciò che incontrano sul loro cammino: gioielli, dipinti, libri, pellicce, mobili, reliquie, che si vanno a sommare a quelli accumulati durante la battaglia di Borodino, del 7 settembre 1812, contro le truppe comandate dal generale Kutuzov. Trovano anche l'oro. Moltissimo oro. Alcuni esperti parlano di un tesoro di ottanta tonnellate d'oro. Ma l'umore del Piccolo Caporale è sempre più cupo. Peraltro soffre di disuria, patologia che - forse a causa di una cistite - gli impedisce di urinare regolarmente. Non comprende la strategia del nemico. Lo zar Alessandro I è una specie di fantasma: né si vede, né si sente. Tuonano, però, le sue parole redatte qualche mese prima in una lettera alla sorella: «Bonaparte crede che io sia uno sciocco. Ma si sbaglia. Ride bene chi ride ultimo». Parole che si riveleranno profetiche. Gli incendi avvampano per quattro giorni di fila: l'80% delle case della capitale russa viene ridotto in cenere. Sono costruite in legno, non ci vuole molto. Gli uomini della Grande Armata ricevono l'ordine di scovare gli incendiari, indiavolati dalla presenza del nemico, abituati ormai a soprannominare Napoleone "le monstre corsicain" (il mostro corsico): molti, completamente ubriachi, vengono fucilati sul posto. Alcuni subiscono l'amputazione della mano. Ma le cose non cambiano. Arriva il 19 ottobre, le temperature si abbassano sensibilmente, Napoleone non ha altra scelta: deve ritirarsi. Di retroguardia, il maresciallo Mortier con diecimila uomini. Il cammino dei francesi è preceduto però da quello di Kutuzov che, con la cosiddetta tecnica della "terra bruciata", priva i francesi della possibilità di accamparsi e rifocillarsi: i villaggi vengono rasi al suolo e il cibo viene fatto sparire. A Malojaroslavez, Kutuzov, costringe i francesi a diciotto ore consecutive di combattimento. Gli scontri si ripetono a Viasma e a Krasnoi. La colonna francese si trasforma in un'immensa striscia di "spettri". Gli storici raccontano di soldati che per sopravvivere uccidono il proprio cavallo. C'è chi infila direttamente la testa nelle viscere dell'animale per recuperare il fegato. Chi riempie secchi di sangue caldo da bere all'istante. Si temono anche i contadini. Le voci che girano sono tutt'altro che confortanti. Gli abitanti locali impalano i francesi catturati o li affogano in pentoloni di olio bollente. Le prove arriveranno con le dichiarazioni di Boris Ukskull, un ufficiale russo che, reduce dalla guerra, racconterà di aver visto i partigiani pagare due rubli per comprare prigionieri francesi e divertirsi torturandoli. Quando non sono i contadini a preoccupare l'incedere di ciò che resta della Grande Armata, ci pensano i cosacchi, frutto del mescolamento di popolazioni nomadi tartare e dei cosiddetti "ukhodniki", i mercenari delle steppe russe. In occasione di un raid cosacco gran parte del bottino accumulato durante i saccheggi ritorna nelle mani dei russi. «I cosacchi, nei pressi di Smolensk, hanno attaccato e saccheggiato il convoglio con i trofei di Mosca», racconta Napoleone nelle sue lettere. «Fra le tante cose hanno anche portato via l'enorme croce di Ivan Il Grande, sottratta alle stanze del Cremlino». E qui iniziano i dubbi. Dalle ricostruzioni storiche, infatti, solo una parte del "tesoro" francese risulta trafugata: il resto del bottino dove è finito? Ebbene, la domanda potrebbe trovare una risposta proprio in questi giorni. Da giugno, infatti, sono iniziati gli scavi in Russia, in una località segreta, per riportare alla luce ciò che Napoleone ha lasciato dietro di sé, provvidenzialmente nascosto sottoterra. Stando agli studi effettuati dallo storico russo Aleksandr Serjoghin, durante la ritirata di Napoleone, un gruppo di soldati, prese una strada diversa da quella intrapresa dalla Grande Armata: anziché puntare su Smolensk - città raggiunta da Napoleone il 9 novembre, quando il termometro segna già dodici gradi sotto zero - deviano il cammino verso sud est, in corrispondenza delle città di Kaluga e Elnja. Siamo a circa trecento chilometri dalla capitale russa, poco lontani dalla Staraja Smolenskaja, la vecchia strada per Smolensk, l'unica esistente fino alla costruzione, il secolo scorso, della direttissima Mosca-Minsk. In questo angolo top secret dell'ex Unione Sovietica - ricoperto di foreste di pini, abeti e betulle, ma anche acquitrini, paludi e torbiere - Serjoghin ha compiuto nei mesi scorsi più di un sopralluogo, trovando tracce inequivocabili dell'armata napoleonica, fra cui divise militari, cinture, bottoni, scarpe, munizioni. Qui sarebbe dunque giunta, durante l'inverno del 1812, una parte dei numerosi carri stracolmi di oro e molti degli zaini dei soldati carichi in media d'una decina di chili di oggetti preziosi ciascuno. Ma come ha fatto Serjoghin a individuare il punto preciso dove iniziare gli scavi? Si è affidato alle ricerche condotte dal matematico russo - emigrato in Francia - Roman Aleksandrovic. Lo scienziato avrebbe preso spunto da un dipinto scoperto in un archivio storico riportante il ritratto di un funzionario napoleonico. C'è un cappello tricorno posato a terra, sovrastato da un cielo stellato con gli astri disposti non a caso: le coordinate indicanti la X dove andare a cercare l'oro del Piccolo Caporale. In pratica, la mappa del tesoro. Sull'argomento, in realtà, circolano anche molte leggende, fra cui quella secondo la quale, nella zona segnalata da Serjoghin, più volte sarebbero sopraggiunti dei fantomatici francesi, poi dileguatesi di gran lena, carichi di gioielli e oro. Ma del resto è l'intera esistenza di Napoleone a essere avvolta nella leggenda. Fu lo stesso imperatore di Francia ad alimentare il suo mito e tutto ciò che lo circondava, controllando i principali organi di stampa dell'epoca e facendogli dire solo ciò che voleva lui: gli eroi dello scrittore francese Stendhal, per esempio, sognavano "le nevi di Mosca e il sole delle piramidi", non a caso due fra i tanti luoghi visitati dal condottiero francese. Altre leggende riguardano Napoleone raffigurato con la mano destra infilata nel panciotto, per comunicare segretamente con esponenti del mondo della massoneria; un platano piantato personalmente dall'imperatore francese a Marengo, in provincia di Alessandria, dopo la storica battaglia; mentre John Lattimer, della Columbia University, racconta che il Piccolo Caporale non era molto dotato sessualmente, avendo un pene lungo quattro centimetri che diventavano sei durante l'erezione. Per tutta questa serie d'ipotesi e congetture, molti storici ritengono l'impresa di Serjoghin attendibile fino a un certo punto. La maggior parte di essi concorda nel dire che, in effetti, i francesi fecero man bassa di tutto ciò che incontrarono di prezioso durante la terribile campagna di Russia, tuttavia sono quasi convinti che, gran parte del bottino sequestrato dai transalpini, finì nelle mani dei cosacchi, venne perso, o abbandonato appositamente per consentire ai soldati - già sufficientemente provati da stenti e fame - di muoversi con maggiore facilità. Nulla, dunque, che abbia a che vedere con un inestimabile (e fino a oggi introvabile) tesoro sepolto nel cuore della taiga russa. «Sulla base di tutte le testimonianze disponibili, in particolare le numerose memorie pubblicate dai protagonisti», racconta a newton Vittorio Criscuolo, del dipartimento di Scienze della Storia e della Documentazione Storica dell'Università di Milano, «l'esercito francese ritornò da Mosca per mettersi sulla via della tragica ritirata carico di bottino. Fra le tante, riferisco quella di Philippe-Paul de Ségur, pubblicata nel 1824 e poi più volte ristampata, con molte traduzioni in lingua italiana, che si può considerare un testo ormai classico sull'argomento. Lo storico narra che l'esercito era disposto su tre o quattro file di lunghezza infinita, in una confusione di carriaggi, lussuose carrozze e altri veicoli di ogni genere, che trasportavano il ricco "tesoro". Io, però, aggiungo che non è difficile pensare che la maggior parte di quel bottino sia stato abbandonato nel corso della ritirata e sia finito nelle mani dei contadini. Non credo, in ogni caso, che gli esiti della ricerca di Serjoghin possano essere di qualche interesse per gli studi napoleonici». Che sia vera o meno la tesi sostenuta da Serjoghin lo vedremo presto, in ogni caso vale la pena ricordare che Napoleone ebbe a che fare anche con molti altri "tesori". L'imperatore francese iniziò la sua carriera amministrativa, fondando - con un nucleo di capitali privati - la Banca di Francia, elemento fondamentale per gli sviluppi del credito commerciale e industriale. Risanò la moneta: per un certo periodo nel cambio il franco superò la sterlina quotata 17 franchi. Le guerre fra il 1805 e il 1809 erano costate 310 milioni, ma ne avevano reso fra taglie e indennità 743, da sommare ad altri 700 milioni di beni confiscati. Nel 1810 costituì il "demanio straordinario", che affidò al senatore Jacques Defermon, una cassa cui far riferimento in caso di grave pericolo per lo Stato. Nel 1814 - con il crollo dell'impero, l'invasione della Francia e l'abdicazione di Napoleone - rappresentava ancora una rendita annua di 132 milioni. Infine il più grande "tesoro" di Napoleone: l'esercito di uomini che mise in piedi, il più grande della storia, risalente al trattato di Lunèville del 1801. A Posen, prima di partire alla conquista di Mosca, l'esercito di Napoleone è rappresentato da 678mila uomini provenienti da circa venti nazioni, 11mila ufficiali, 344mila sotto ufficiali; fra le file di soldati anche 40mila italiani, guidati dai valorosi generali Lechi e Pino. Un tesoro che però si dissolve velocemente: è il 10 dicembre 1812, una gelida giornata d'inverno, quando Napoleone giunge in slitta a Varsavia, affiancato da 30mila uomini con le divise lacere, in preda alla fame e alla disperazione. Sono tutto ciò che resta della Grande Armée. Scriverà Montesquieu: «L'Armata brillante, innumerevole e terribile non esiste più. Le battaglie l'hanno decimata senza vincerla, ma il vento del nord, o forse la voce di Dio, è passato su di essa».

(Pubblicato sul numero 6 di Newton)

lunedì 16 agosto 2010

Ecco perchè chi è colpito dalla sindrome di Williams non ha paura di nessuno

Thomas Insel, direttore del National Institute of
Mental Health
Riguarda una persona su 20mila ed è una delle patologie mentali più atipiche che si conoscano. Chi ne è colpito anziché sviluppare un carattere introverso, apatico, passivo, e scarsamente socievole - come spesso accade in altre malattie della mente tipo la schizofrenia e l’autismo - è attratto dagli altri e inoltre non teme niente e nessuno. Il problema è dovuto alla mancanza di 21 geni sul cromosoma sette che determina un cattivo funzionamento dell’amigdala, organo coinvolto nella risposta alla paura e nell’analisi delle minacce provenienti dall’ambiente circostante. L’ultima notizia in merito alla cosiddetta sindrome di Williams (scoperta ufficialmente nel 1961) giunge da esperti dell’Istituto Nazionale di Salute Mentale degli Stati Uniti che, tramite la risonanza magnetica, sono riusciti a comprendere a fondo i meccanismi cerebrali alla base del male, fino ad oggi sconosciuti. Secondo i ricercatori questo consentirà di far maggior chiarezza sulla patologia ed eventualmente di sviluppare delle terapie per contrastarla. In particolare Thomas Insel (nella foto) ha verificato che chi è colpito dalla curiosa sindrome non ha reazioni appropriate nei confronti di volti spaventosi e rabbiosi, e quindi per lui non esiste l’ipotesi di difendersi, fuggire o attaccare qualcuno. Le vittime di questa patologia sono spesso caratterizzate anche da problemi cardiaci, oltre ad essere contraddistinti da un comportamento molto socievole fin dall’infanzia, grande abilità nell’apprendere melodie e canzoni, una buona memoria uditiva e senso musicale. Molti cominciano a formare frasi a circa 3 anni, il linguaggio migliora e continua ad evolversi a partire dai 4 o 5 anni. La somatica è peculiare e comprende palpebre edematose, dorso nasale depresso, bocca larga con labbra carnose, guance paffute.

domenica 15 agosto 2010

Uova più resistenti, grazie a una dieta a base di cozze

Una dieta a base di gusci di cozze e bivalvi per ottenere uova più resistenti e così evitare che si rompano. È lo stratagemma evolutivo adottato dai pinguini di Magellano, spesso nella condizione di non riuscire a trovare un luogo sufficientemente riparato per la deposizione. Le ricerche sono state compiute dagli studiosi dell’Università di Washington. Gli esperti hanno visto che le conchiglie presentano alti tassi di calcio, elemento indispensabile per irrobustire la struttura esterna delle uova, e che durante la fase di accoppiamento le femmine - in particolare - ne assumono in grosse quantità. Le analisi rivelano che, in media, il guscio delle uova è più spesso del 50%, rispetto a quanto ci si dovrebbe attendere dalle loro dimensioni. I pinguini di Magellano presentano dei picchi riproduttivi, ma la deposizione avviene tutto l’anno. I maschi raggiungono la riva all’inizio della stagione degli amori, e qui vengono presto raggiunti dalle femmine, attratte dai luoghi di accoppiamento ritenuti più sicuri. I pinguini di solito si accoppiano con lo stesso partner degli anni precedenti: il 61% dei legami di coppia dura 2–6 anni, il 12% 7 –13 anni, mentre la percentuale di “divorzi” annuale è del 14%.

lunedì 9 agosto 2010

Spigolature Scientifiche in vacanza per qualche giorno...

Cari lettori,

solo per dirvi che sono per qualche giorno in vacanza. Sto studiando la flora friulana e vari molluschi tipici del litorale. Leggo intanto l'ultimo numero delle Scienze: c'è un servizio molto interessante dedicato al tempo. Ancora una volta si parla dell'inesistenza del tempo, argomento a dir poco affascinante: ne parlavano i filosofi greci, e oggi i fisici di mezzo mondo. Siamo a una svolta? In attesa di formulare la legge del "tutto" e di individuare il bosone di Higgs, vi saluto augurandovi buone vacanze.

P.s. Non sento minimamente la mancanza di internet (e del cellulare): un buon motivo per credere che non sono ancora morbosamente dipendente dalla Rete. Per fortuna. Invio questo post e vado avanti a disintossicarmi fino a domenica!

venerdì 6 agosto 2010

L'aria delle stalle fa bene alla salute

Allevare le mucche tiene lontano il rischio di ammalarsi di tumore ai polmoni. Lo annuncia Coldiretti, riferendosi a uno studio pubblicato sull’American Journal of Epidemiology e condotto in Italia da un gruppo di ricercatori internazionali guidati da Giuseppe Mastrangelo dell’Università di Padova. Gli esperti hanno evidenziato, su un campione di 2561 allevatori di bovini da latte in Veneto, seguito per un periodo compreso tra il 1970 e il 1998, che gli individui che hanno abbandonato il lavoro nelle stalle per dedicarsi ad altre occupazioni, sono stati maggiormente colpiti da tumore ai polmoni; da ciò gli studiosi hanno dunque dedotto che chi alleva bestiame rischia meno di ammalarsi della patologia polmonare, rispetto a chi presta servizio nell’industria o in altri settori. Si è inoltre potuto constatare che tanto maggiori sono i capi di allevamento in possesso di un determinato allevatore, e tanto minori sono per lui i pericoli di subire neoplasie all’apparato respiratorio. Ma quel è il segreto che consente agli allevatori di mantenersi immuni dal tumore ai polmoni? Per ora una risposta certa non c’è ma, asseriscono gli esperti, è probabile che la situazione possa dipendere dal fatto che nelle stalle vengono liberate massicce quantità di endotossine che in qualche modo hanno il potere di preservare gli organi respiratori. Secondo Coldiretti in Italia sono presenti circa 57mila allevamenti da latte, il 60% in meno delle imprese attive quindici anni fa, ma con un aumento della dimensione media delle stalle, che sostanzialmente ha consentito di mantenere invariata la produzione complessiva di latte.

mercoledì 4 agosto 2010

I difetti femminili che piacciono agli uomini

Jennifer Lopez
Donne imparate ad apprezzare i vostri difetti fisici perché proprio da essi potrebbe dipendere la vostra felicità in amore. È ciò che emerge da una ricerca condotta da esperti dell’Istituto di sessuologia clinica di Roma. Gli studiosi hanno evidenziato che difetti fisici considerati dalle donne insormontabili come la cellulite e il sedere grosso, il seno poco sviluppato o l’eccessiva pelosità della zona puberale, in realtà corrispondono ad aspetti estetici che gli uomini apprezzano molto e che addirittura utilizzano per vivere al meglio la propria sessualità. Il sedere "abbondante" di una donna per un maschio è molto accattivante: affondare le mani nelle morbide curve femminili gli procura, infatti, un intenso piacere. In particolare, la psicoterapeuta Roberta Rossi, a capo dello studio, ritiene che, in generale, le rotondità femminili ricordano all’uomo “l’accoglienza materna, la sicurezza del rifugio”. Discorso analogo per la cellulite, contro la quale le donne fanno di tutto pur di debellarla. Anche qui, dicono gli esperti, la possibilità di "tastare" a piene mani le cosce e i glutei della partner, contrassegnate da accumuli di liquido nel tessuto adiposo, dà grande gioia e soddisfazione all'uomo. Per la scienziata “poter stringere le carni della compagna è un po’come possedere la donna stessa e disporre a piacimento del suo corpo, circostanza che stuzzica enormemente la fantasia dominatrice tipica del sesso maschile”. Anche il seno piccolo, al contrario di quanto si pensi, manda in visibilio gli uomini. In questo caso un decolleté poco vistoso, si ricollega all’impressione di avere a che fare con una donna - bambina, che ha continuamente bisogno di conforto e protezione. Una donna con una simile caratteristica rende l’uomo particolarmente virile e sicuro di sé, entrambe circostanze che fanno bene al rapporto di coppia. Una curiosità: secondo un sondaggio effettuato dal Centro Studi Dermactiv, su 560 professionisti e dirigenti tra i 25 e i 55 anni, gli uomini sono tra l’altro contro il silicone; i risultati sono indiscutibili, il 53% accetterebbe un seno imperfetto purché naturale, mentre il 25%, i più esigenti, pretendono contemporaneamente perfezione e genuinità. Infine l’eccessiva peluria nella zona pubica è un elemento che le donne non apprezzano, mentre per gli uomini è molto importante. In questo caso entrano in gioco gli ormoni, in particolare i ferormoni, dai quali deriva il profumo “naturale” della donna. Gli uomini venendo a contatto con essi tramite l’olfatto si eccitano e si preparano adeguatamente all’atto sessuale. In pratica la ricerca suggerisce alle donne di andarci piano con il chirurgo estetico e con i trattamenti di bellezza che in fin dei conti all’uomo le donne piacciono di più come madre natura le ha fatte.

EDILIZIA AMBIENTALE

Costruire le case con i mattoni riciclati e in questo modo ridurre del 70% i prodotti di scarto accumulati nelle discariche. È l'iniziativa dei ricercatori della Scuola di Calcolo e tecnologia della University of East London (in collaborazione con la società di consulenze ambientali Nustone). Il primo impianto in grado di convertire i rifiuti domestici, i fanghi da dragaggio, i fanghi depurati, e le ceneri residue degli inceneritori in materiali da costruzione è già attivo all’interno dell’ateneo. La sua azione di basa sulle più moderne tecniche di trattamento termico: è costituito da un forno rotante cosiddetto “Trefoil” e da componenti in grado di ridurre al minimo le perdite di calore come rivestimenti in lega speciale e guaine in materiale fibroso isolante: “Con questo impianto – rivela John Newman, direttore di Nustone e presidente della Concrete Society – si compie un notevole passo avanti nella produzione di inerti da materiale riciclato, un’attività che negli ultimi anni non ha visto molti cambiamenti significativi”. Secondo Darryl Newport, project manager e docente d’ingegneria presso la University of East London, il vantaggio di questo processo non è solo quello di far uso di rifiuti altrimenti destinati alle discariche, ma anche quello di evitare di rovinare l’ambiente per creare delle nuove cave dalle quali estrarre il materiale per l’edilizia: “Se tale sistema venisse adottato su scala industriale – ha commentato Newport - la quantità di rifiuti che finisce nelle discariche del Regno Unito potrebbe ridursi anche del 70%. E per l’ambiente sarebbe una soluzione vincente sotto ogni punto di vista”.

martedì 3 agosto 2010

Agosto 2010: il "brillantare" di Venere a Ovest

Lo sbadiglio ci prepara all'azione

Paris Hilton sbadiglia in tv
Fino a oggi si credeva che lo sbadiglio servisse semplicemente a ossigenare il cervello e quindi a comunicare all’organismo che è ora di andare a dormire: il primo ad avanzare una simile ipotesi fu Ippocrate nel 390 a.C. Ma ora una nuova teoria formulata da studiosi americani della Drexel University di Philadelphia afferma sostanzialmente il contrario, ovvero che esso serve soprattutto a preparare l’organismo all’azione. In particolare gli esperti ritengono lo sbadiglio un aspetto della fisiologia umana che abbiamo ereditato dalle prime forme di ominidi, nelle quali serviva ad avvertire che era giunto il momento di mettersi in moto per andare a caccia. Gli studiosi statunitensi hanno osservato che anche nell’uomo moderno lo sbadiglio anticipa determinate circostanze in cui ci si prepara all’azione: il riferimento è per esempio ad atleti, direttori di orchestra, e paracadutisti che prima di affrontare i rispettivi impegni sbadigliano. Secondo i ricercatori con lo sbadiglio si introducono maggiori quantità di ossigeno nei polmoni, e questo fa sì che si abbia un miglioramento complessivo della circolazione sanguigna. Un’altra conseguenza utile dello sbadiglio è quella di favorire l’apertura delle tube di Eustachio per bilanciare la pressione nell’orecchio medio. Inoltre lo sbadiglio serve a potenziare i riflessi. Una serie di esperimenti effettuati sui simulatori di guida ha dimostrato che sbadigliando il rischio di andare incontro a un incidente stradale diminuisce enormemente. E negli animali, lo sbadiglio ha lo stesso significato che ha nell’uomo? Secondo gli scienziati, nel regno animale, dove tutte le specie sbadigliano, soprattutto se appartenenti alla classe dei mammiferi, esso consente di mantenere puliti i denti, di sgranchire i muscoli delle mascelle e nello stesso tempo di comunicare; nei gatti, per esempio sembra essere una richiesta di protezione e rassicurazione mentre nei cani indica eccitazione e impazienza; nel mondo degli struzzi invece lo sbadiglio viene utilizzato dall’esemplare di rango più elevato per comunicare agli altri membri l’assenza di pericolo. Da un punto di vista chimico lo sbadiglio è determinato da alcune sostanze prodotte dall’ipotalamo, ossia la dopamina e la serotonina. A confermare un simile dato è il fatto che chi fa uso di antidepressivi, a base di serotonina, sbadiglia moltissimo, mentre le persone ammalate di Parkinson, che presentano una mancanza di dopamina, lo fanno di rado. Ma è vero che lo sbadiglio è contagioso? In questo caso la risposta è affermativa. Tant’è che statisticamente il 55% delle persone che vede sbadigliare un simile è destinato a ripetere il gesto nell’arco di cinque minuti. Secondo i ricercatori lo sbadiglio diventa contagioso tra il primo e il secondo anno di vita. Per la contagiosità, sono state proposte numerose teorie. Tra le più accreditate c’è quella secondo cui lo sbadiglio è un segnale paralinguistico, vale a dire complementare del linguaggio convenzionalmente parlato. Secondo questa teoria lo sbadiglio fornirebbe informazioni a proposito dello stato di noia o di sonnolenza in cui un individuo si trova, e la sua contagiosità servirebbe a sincronizzare i ritmi di attività del gruppo sociale di appartenenza. Steven Platek, psicologo della Drexel University di Philadelphia in Pennsylvania, ha in particolare reclutato un gruppo di persone e l'ha sottoposto alla visione di video che trasmettevano persone nell’atto di sbadigliare. Nel giro di poco tempo dal 40 al 60% degli spettatori non resistono e cominciano a sbadigliare a loro volta. Secondo lo scienziato coloro che sono immuni al contagio e non sbadigliano come gli altri sono individui con scarsa capacità di mettersi nei panni altrui, soggetti con uno scarso sviluppo empatico. Ronald Baenninger, esperto ed autore di ricerche sugli sbadigli alla Temple University di Philadelphia, sostiene che i risultati della ricerca trovano una spiegazione dal punto di vista evolutivo. Egli ritiene che lo sbadiglio contagioso può aver aiutato i nostri antenati a coordinare i periodi di attività e di riposo. “È importante che tutti i membri di un gruppo siano pronti a fare la stessa cosa contemporaneamente”, rivela lo scienziato.

lunedì 2 agosto 2010

Americani di 50mila anni fa


Quando l’uomo giunse per la prima volta sul continente americano? 50mila anni fa: è la risposta data da un team di ricercatori statunitensi della Carolina del Sud. Essi affermano di aver ritrovato i resti di un focolare che risalirebbe, secondo le analisi effettuate con il metodo del radiocarbonio, al Pleistocene. Ma non tutti gli scienziati sono d’accordo. C’è infatti chi sostiene che si tratti di un semplice fuoco di origine naturale, che nulla avrebbe a che vedere con l’attività umana. Secondo le fonti ufficiali l’Homo sapiens varcò lo stretto di Bering intorno ai 13–14 mila anni fa. Le prove di ciò sarebbero attestate dalla primissima cultura americana (detta di Clovis) fiorita all’inizio dell’Olocene presso numerose località statunitensi.

domenica 1 agosto 2010

I segreti per cuccare in vacanza

Agosto, tempo di relax, castelli sabbia, nuotate al largo e… scappatelle. Ecco, dunque, le quattro regole fondamentali per essere sicuri di riuscire a portare a termine con successo un corteggiamento: 1. Farsi notare; 2. Approcciare con garbo il "partner" designato, senza dare l'impressione di voler a tutti i costi guadagnare un'intima uscita a due; 3. Esaltare le caratteristiche del proprio genere sessuale (in un maschio, per esempio, il coraggio, in una donna, la dolcezza); 4. Suscitare nell'altro/a il desiderio di andare avanti a conoscersi. Le ha proposte - riferendosi alla stagione estiva in cui i corteggiamenti (e i tradimenti), raggiungono numeri notevoli - David Givens, noto antropologo statunitense docente presso il Department of Communication Arts alla Gonzaga University. Lo studioso afferma che di solito è la donna a iniziare un corteggiamento, lanciando occhiate di sottecchi, facendo scorrere la lingua sulle labbra, accarezzandosi il collo o le spalle. Le statistiche dicono che nella maggior parte dei casi l’uomo avvicinato con uno di questi stratagemmi, cade nella trappola dell'adescatrice. Viceversa, per un uomo, è un po’ più difficile far colpo su una donna e spesso, anche dopo aver conosciuto la potenziale partner "estiva", le cose non vanno come si vorrebbe. In ogni caso le storielle mordi e fuggi consumate durante il periodo estivo sono destinate a non avere un seguito: nel 95% dei casi, infatti, dopo l'avventura trasgressiva non ci si rivede più. Secondo gli psicologi la dote che consente di "cuccare" è la sensualità, che è spesso innata, ma un po’ ci si può lavorare, imparando piccoli e semplici trucchi. Eccone alcuni: utilizzare gli occhi, giudicati dalle donne l’elemento fondamentale per la seduzione; risvegliare i sensi, ossia allenare la propria capacità di ascoltare, annusare e assaporare: per sedurre un uomo occorre prima ascoltarlo e in seguito cercare di impossessarsi del filo nascosto che c’è tra le sue parole, cogliendo le frasi non dette ma solo pensate e i sottintesi che spesso si perdono nel discorso; lavorare con la voce: quella stridula e alta, oppure quella monocorde, non risultano seducenti, meglio imparare a modularla, alternando toni alti a toni bassi; infine, lo specchio: è giusto, infatti, badare anche al fisico e all’abbigliamento, ma senza essere troppo autocritici. Ma chi tradisce di più? Secondo una ricerca diffusa in questi giorni dalla dottoressa Elena Sorrento, in prima linea ci sono le cinquantenni, che più delle altre sentono "il bisogno di sentirsi sempre attraenti, recuperando l'autostima, 'pericolosamente' minacciata dal tempo che passa".

Interferometria, tsunami, materia oscura, sull'ultimo numero di Newton in edicola

Newton - Agosto 2010