giovedì 2 settembre 2010

MEDICI DIFENSIVISTI

Per non correre il rischio di andare incontro a beghe legali molti medici raccomandano esami che si potrebbero evitare, e declinano l’invito a affrontare casi giudicati disperati. È quanto emerge da una ricerca condotta David M. Studdert dell’Harvard School of Public Health di Boston e pubblicata sulla rivista “Journal of the American Medical Association”. I dati parlano chiaro: oltre il 90% dei medici della Pennsylvania ammette di ricorrere a pratiche mediche difensive, come la prescrizione di test diagnostici in eccesso o il rifiuto senza motivo di prendersi cura di pazienti molto gravi; specificatamente - degli 824 medici presi in esame - il 93%% ha dichiarato di praticare genericamente “Medicina difensiva”; il 43% riferisce di ordinare test clinici non necessari; il 42% sottoscrive di aver volutamente ristretto il suo campo d’azione professionale negli ultimi 3 anni per evitare complicazioni. Secondo Studdert simili atteggiamenti si possono spiegare esclusivamente sostenendo che molti medici temono di essere denunciati per eventuali responsabilità professionali. Il problema della “Medicina difensiva” è un aspetto della realtà sanitaria statunitense sottovalutato, ma che ha forti ripercussioni sui costi, l’accessibilità e la qualità tecnica ed interpersonale dell’assistenza sanitaria. Inoltre a rimetterci sono sempre più spesso i pazienti. Procedure diagnostiche invasive (come per esempio le biopsie) non necessarie possono rappresentare inutili rischi per i malati, e risultati ambigui o falso-positivi rischiano di indurre a gravi stress emotivi.

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