lunedì 19 dicembre 2011

Il trionfo di Amundsen

Amundsen conquista il Polo

La storia di Amundsen, però, non è legata solo alla scoperta del passaggio a nord-ovest, ma anche e soprattutto alla conquista del Polo Sud, traguardo che proprio quest'anno festeggia il centesimo anniversario. L'esploratore norvegese è infatti il primo uomo nella storia a mettere piede nel cuore dell'Antartide, fra i luoghi in assoluto più impervi e inabitabili della Terra. Amundsen parte alla volta del Polo Sud il 19 ottobre 1911, con quattro compagni, quattro slitte e 52 cani provenienti dalla Groenlandia: lasciano il campo base allestito nella Baia delle Balene, battezzato Framhein, consci del fatto che a poca distanza, presso il McMurdo Sound, un'altra missione, capitanata dal britannico Robert Falcon Scott, sta per prendere il via. A destinazione sono giunti nel gennaio del 1911 con la nave Fram. Amundsen è in linea d'aria più vicino alla meta rispetto a Scott, tuttavia quest'ultimo può contare su un tragitto già battuto in precedenza da altri esploratori. In particolare torna utile l'esperienza vissuta da Ernest Shackleton che nel 1907 raggiunge l'altopiano centrale dell'Antartide e solo a causa delle terribili condizioni climatiche è costretto a rinunciare alla conquista del Polo, a soli 180 chilometri da esso. L'approccio dei due avventurieri al viaggio è, in ogni caso, assai diverso. Per il norvegese conta solo issare per primo la bandiera a 90° sud (dove convergono tutti i meridiani) e dare prestigio alla sua nazione; non si avvale di scienziati, né di strumentazioni tecnologiche che possano contribuire a raccontare qualcosa di un mondo pressoché ignoto. Al contrario Scott, benché miri anch'egli a primeggiare sul rivale, conta in più di poter soffermarsi sugli aspetti naturalistici dell'estremo sud terrestre, così da poter consegnare ai posteri non solo il sogno di una conquista, ma anche la bellezza e i misteri di un territorio quasi più lunare che terrestre. Partiti, devono far presto i conti con una realtà a dir poco inumana. Per Amundsen è difficile superare il primo tratto, pericolosissimo, della Baia di Ross; ma oltre le montagne, può poi proseguire diretto fino al Polo. Peraltro nei mesi di permanenza presso il campo base ha potuto studiare nei dettagli l'andamento meteorologico dell'Antartide, adeguando ad esso abiti e rifornimenti, e allestendo lungo la prima parte del tragitto vari punti di approdo forniti di provviste. 

Il tragitto di Amundsen
Scott, seppur facilitato sulla carta da un percorso meno complicato, deve, invece, fare i conti con problemi di natura logistica e organizzativa che lo sfidante non ha. Uno degli elementi che svantaggia da subito l'inglese rispetto al norvegese è il fatto di aver preferito affidarsi più alle motoslitte che ai cani; i mezzi meccanici, si inceppano quasi subito, e rimetterli in sesto nel gelo polare, senza attrezzature adeguate, è tutt'altro che semplice. I cani, peraltro, tornano utili nel caso in cui i morsi della fame si fanno particolarmente tenaci: il loro abbattimento periodico consente alla missione di Amundsen di recuperare le energie più in fretta del britannico. La prima vera tappa di Amundsen viene siglata in corrispondenza del Plateau antartico, area che circonda il Polo Sud con una quota media sul livello del mare di 3mila metri, dopo quattro giorni di marcia. Qui vengono abbattuti i primi 24 cani. Ma devono ritardare la ripartenza per via di una serie di tempeste di neve che si abbatte sul plateau. Il cammino riprende il 25 novembre, più di un mese dopo la partenza dal campo base presso la Baia di Ross, alla media di 25 chilometri al giorno: finalmente si intravede il traguardo. Proseguono tranquilli per la loro strada e il 14 dicembre, alle tre del pomeriggio, Amundsen con i suoi quattro uomini e i 16 cani rimasti, raggiungono la tanto agognata meta. Piantano nella neve la bandiera norvegese e battezzano ufficialmente la pianura glaciale appena conquistata con il nome “Altopiano dell'Haakon VII”, in onore del primo re di Norvegia, asceso al trono dopo la separazione dalla Svezia del 1905. In una piccola tenda abbandonano una lettera indirizzata a Scott che arriverà 23 giorni dopo, sfinito. Amundsen torna alla base il 25 gennaio 1912 con 11 cani. Lascia dietro di sé 3mila chilometri, percorsi in 99 giorni, un giorno in meno rispetto a quelli previsti alla partenza. Ben più drammatico il rientro del britannico, già provato dall'amara sconfitta. Scott e i suoi uomini, all'improvviso, si ritrovano senza provviste, con il freddo che li attanaglia. Non possono far altro che arrendersi e perire di stenti, uno dopo l'altro, ad appena 18 chilometri dal campo intermedio, predisposto per il rifornimento. "Alla mia vedova, carissimo tesoro abbiamo grossi problemi e dubito che ce la faremo. Nelle brevi ore per il pranzo utilizzo quel poco di calore per scrivere lettere in vista di una possibile fine". Sono le ultime parole del capitano Robert Falcon Scott indirizzate alla moglie Kathleen, resosi conto che non sarebbe riuscito a fare ritorno dalla sua spedizione alla conquista del Polo Sud. 

Prima della partenza

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