lunedì 30 settembre 2013

Ecco come si parlava in Europa 6000 anni fa


La madre di tutte le lingue risorge dopo 4mila anni grazie a uno studioso americano dell'Università del Kentucky che ha registrato due favole in proto-indoeuropeo. Da essa sono derivati il latino, il greco e il sanscrito. Si parlava in mezza Europa, durante l'epopea Kurgan, fra 4mila e 2mila anni prima di Cristo; una lingua molto gutturale, di suono consonantico.



lunedì 23 settembre 2013

Intelligenti come... una città


Milano, Torino e Genova hanno firmato un paio di settimane fa il protocollo d'intesa per un processo condiviso di trasformazione verso smart city. Ma non sono le uniche a muoversi in questa direzione. Ecco le principali "città intelligenti" e gli obiettivi raggiunti... 

PRATO
Ha realizzato un impianto di smart outdoor lighting, un sistema di gestione e telecontrollo degli impianti d'illuminazione pubblica. Si basa sulla tecnologia Minos System che consente di interagire tramite computer o smartphone con ogni singolo lampione rivelando eventuali malfunzionamenti. Permette di risparmiare energia elettrica e calibrare al meglio le forze lavoro. E' entrato in funzione da poco anche il sistema Wise Traffic Controller, che consente il monitoraggio del traffico veicolare. 

VERONA
Sta spremendo le sue energie per l'attivazione di tecnologie (Rfid) per l'identificazione e la memorizzazione di dati relativi a mezzi in circolazione, tramite particolari dispositivi elettronici (transponder). In questo modo la città controlla il traffico merci nelle zone di traffico limitato (Ztl) e crea i presupposti per facilitare gli spostamenti dei disabili.

FIRENZE
Ha appena ricevuto dal MIUR il via libera per sette progetti d'innovazione tecnologica (per un totale di 135 milioni di euro). Si lavora per l'ottenimento di una rete Wi-Fi con 140 aree coperte, 500 access point e 2 ore di navigazione. Un sistema di controllo centralizzato di 214 semafori e un nuovo sistema di illuminazione pubblica consente un risparmio energetico dell'80%; mentre mTicketing permette di acquistare i biglietti per girare in pullman tramite smartphone e tablet. Ottimo il sistema di infomobilità che, tramite l'azione di una centralina che raccoglie i dati di 150 telecamere, 200 semafori, 130 sensori di traffico, 10 parcheggi, è in grado di comunicare le condizioni di viabilità e prospettarne l'evoluzione.

GROSSETO
Ha realizzato la versione italiana della piattaforma tedesca open source "Wheelmap", ideata per mappare i luoghi del territorio accessibili ai disabili. In questo modo viene fornita ai cittadini in difficoltà un'informazione rapida e istantanea (e gratuita) tramite il collegamento al sito wheelmap.org.

L'AQUILA
E' stata recentemente premiata per aver intrapreso un progetto per la ricostruzione "intelligente" post terremoto. Sono state reingegnarizzate le reti cittadine di gas, elettricità e tlc (telecomunicazioni) ed è entrato in funzione un'area telematica per facilitare il "dialogo" burocratico fra cittadini e amministrazione. Ora sono in programma 30 mesi di lavori (per 18 milioni di euro) per dare vita a una rete della distribuzione elettrica in ottica smart grids (reti intelligenti che, alle tecnologie tradizionali, affiancano soluzioni digitali innovative).

ISERNIA
E' in corso di sperimentazione la prima smart grid made in Italy. Il progetto del valore di 10 milioni di euro è iniziato nel 2011 e dovrebbe concludersi alla fine del 2013. Broadband (alta capacità di trasporto delle informazioni), veicoli elettrici e dispositivi per conoscere il reale consumo di energia nella case, i punti salienti del progetto.

ROMA
Roma TPL, in collaborazione con Vodafone, si è aggiudicata il premio Smart City per avere dato vita alla mobile app di gestione multe e al sistema di Automatic Vehicle Monitoring (AVM). Gli ausiliari del traffico possono così compilare le contravvenzione tramite smartphone e i passeggeri conoscere per quanto tempo dovranno aspettare l'autobus. Esistono anche piccole "realtà" ancora in fase di conferma. Air Pollution Abatement (APA), per esempio, è opera di una star up romana. S'ispira al ciclo della pioggia per ripulire l'aria. Un bocchettone posto a un metro dal suolo aspira l'aria e la filtra all'interno della macchina, dove le polveri sottili vengono raccolte e "annientate".

MILANO
Con 8 app, 11 progetti finanziati dall'Unione Europea, 500 hot spot wi-fi e oltre 6mila chilometri di fibra ottica, Milano si colloca al primo posto nella classifica di "città intelligente". Sono almeno una settantina i progetti in corso per trasformare la metropoli. Electric City Movers è un servizio di mobilità innovativo basato sull'utilizzo di quadricicli elettrici disponibili 24 ore su 24: lo scopo è offrire ai cittadini la possibilità di prelevare un veicolo in un angolo della metropoli senza prenotazione, per poi rilasciarlo in un'area della città limitrofa alla destinazione. E' in corso un progetto analogo anche per le biciclette.

TORINO
La città piemontese sta dando ospitalità dal 12 giugno alla prima "agorà intelligente" d'Italia. Si basa sull'azione di lampioni factotum distribuiti in piazza San Carlo. A essi sono integrati totem informativi, connessioni wi-fi, sistemi di telecontrollo e videosorveglianza. Dal MIUR ha ricevuto 183 milioni di euro per finanziare 11 progetti finalizzati al collaudo di nuovi "sistemi intelligenti". Con Milano e Genova ha firmato pochi giorni fa (nel corso degli Smart city days) un protocollo di intesa per un processo condiviso di trasformazione verso la smart city.

BARI
La città punta soprattutto sulle reti elettriche integrate (smart grid) e l'ottenimento di energia dai pannelli solari. Fra le mire della metropoli c'è quella di ridurre del 36% le emissioni di anidride carbonica entro il 2020. Test sperimentali si stanno svolgendo presso il quartiere Japigia, coinvolgendo 10mila persone. Altri progetti riguardano la realizzazione di strutture geotermiche, in grado di ottenere calore ed energia dal sottosuolo.

GENOVA
Presso il complesso popolare La Diga di Begato, sono stati adottati stratagemmi per risparmiare energia. Si punta sull'azione dei pannelli solari, su camminamenti isolati contro la dispersione del calore e su un monitoraggio costante dei flussi energetici. Agli esperti genovesi si affiancano i tecnici di Istanbul e Valladolid per il cosiddetto progetto "R2Cities". 

mercoledì 18 settembre 2013

La scienza spiega il "miracolo del sole"

«Le nuvole si aprirono e il sole al suo zenit apparve in tutto il suo splendore. Iniziò a girare vertiginosamente sul suo asse, come il più magnifico fuoco d’artificio che si possa immaginare, assumendo tutti i colori dell’arcobaleno e lanciando bagliori di luce multicolore. Questo sublime e incomparabile spettacolo, che si è ripetuto tre volte, è durato per circa dieci minuti. L’immensa moltitudine, sopraffatta all’evidenza di tale tremendo prodigio, si gettò in ginocchio». È il resoconto fornito da Manuel Nunes Formigao, sacerdote del seminario di Santarem, all’indomani del cosiddetto “miracolo del sole”, avvenuto a Fatima il 13 ottobre 1917. Era una mattina piovosa, e alla Cova da Iria, località di pascolo nei pressi della cittadina di Fatima, si radunarono quasi centomila persone per poter verificare ciò che andavano dicendo tre pastorelli dal 13 maggio 1917: sostenevano di avere incontrato la Madonna e che la Vergine aveva promesso loro un prodigio “su larga scala” per convincere tutti della sua “intercessione”. La stampa portoghese diede molta risonanza alla notizia, tanto che il 13 ottobre intervennero anche giornalisti, teologi e professori di scienze naturali per stimare la veridicità dei fatti. Alla fine, contro ogni previsione, le nubi si dissolsero e tutti rimasero interdetti innanzi al “miracolo del sole”, in cui l’astro poté essere guardato senza problemi a occhio nudo, mentre cambiava colore, dimensione e posizione per circa dieci minuti. Anche vari uomini di scienza rimasero senza parole: «La cosa più stupefacente era il poter contemplare il disco solare per lungo tempo, brillante di luce e calore, senza ferirsi agli occhi o danneggiare la retina». Così commentò l’accaduto Almeida Garrett, professore di scienze naturali presso l’Università di Coimbra. In seguito agli eventi del 13 ottobre 1917, molti dubbiosi che non avevano perso tempo a ironizzare sulla vicenda, si convertirono alle parole dei pastorelli, e di lì a poco  il vescovo di Leira, José Alves Corriera da Silva, ufficializzò e autorizzò il culto della Madonna di Fatima ammettendo la “natura soprannaturale del miracolo del sole”. Col passare degli anni, però, tornarono sull’argomento altri studiosi, ritenendo poco esaustive le spiegazioni rilasciate nel 1917. Il primo a stigmatizzare il “miracolo del sole” fu Kevin McClure, autore di un’opera del 1983, intitolata “The Evidence for Visions of the Virgin Mary”. McClure evidenziò che le impressioni rilasciate dai tanti presenti erano fortemente discordanti fra loro, insinuando che solo se c’è una netta corrispondenza di pareri di fronte a “un miracolo” si può dire con certezza che sia avvenuto. Alcuni parlano di movimenti strani del sole, senza entrare nei dettagli, altri di zig zag della corona solare, altri ancora di rotazioni dell’astro. Anche sui presenti ci sono dubbi: le foto lasciano intuire migliaia di persone, ma di certo non centomila; e il fatto che non ci siano ombrelli suggerisce che le condizioni atmosferiche non fossero così pessime come si è spesso voluto far credere. Stuart Campbell, meteorologo, ha affermato su “Journal of Meteorology” che il “miracolo di Fatima” possa essersi trattato di polvere presente nella stratosfera, in grado di alterare la percezione visiva del sole. Nel 1993, Joe Nickel, collaboratore del CICAP americano, parla di “parelio” per definire un fenomeno di rifrazione ottica tale per cui, in particolari condizioni atmosferiche (come quelle fornite da Campbell), il sole può creare strani e inusitati “giochi”. Anche Auguste Meessen, dell’Istituto di Fisica dell’Università Cattolica di Lovanio, asserisce che osservando a lungo la nostra stella (pur correndo serissimi rischi di rovinare la retina) si ha come l’impressione che “danzi”. Parere confermato da Karl Johann Stokl, professor di fisica e astronomia presso l’Istituto Filosofico-Teologico Hochschule di Regensburg, secondo il quale puntando gli occhi al sole si può vedere qualunque cosa, in base alla suggestione, perfino l’immagine di Hitler! Comunque siano andate le cose, quel che è certo è che il “miracolo del sole” non è una prerogativa di Fatima, essendosi verificato anche in altre località del mondo; per esempio, a Lubbock, in Texas, e a Denver, in Colorado. Ma la località dove le bizzarrie solari stanno costantemente facendo parlare di sé, è senza dubbio Medjugorje, piccolo centro della Bosnia, dove nel giugno 1981 la Vergine Maria apparve a sei piccoli del posto. Anche in questo caso ci sarebbero parecchi testimoni che dicono di aver visto il sole “pulsare”, “ruotare”, “danzare”. Ma ancora una volta la scienza ridimensiona il fenomeno relegando il tutto a una semplice manifestazione naturale, che la nostra mente traduce in miracolo. “Apparitions and Miracles of the sun” è uno studio del 2003 che sfata la soprannaturalità del “miracolo del sole”, assimilando la danza dell’astro a un semplice effetto neuro-fisiologico dell’occhio, “la risposta dei fotorecettori alla luce incipiente di una grande stella”. 

(Pubblicato sul numero 8 di Miracoli) 

lunedì 16 settembre 2013

Moda vintage, ecco i motivi che spingono a vivere in un'altra epoca


Da almeno cinquant'anni è stato trasformato in una lavanderia, ma è ancora lì, in mezzo al giardino, integro e vagamente inquietante: è il rifugio antiaereo del signor John Collingwood, un pensionato inglese di 79 anni, che da quando è nato vive nella stessa casa, dove il tempo si è fermato agli anni Cinquanta. «I miei genitori hanno acquistato questa casa nel 1925 e da allora poco è cambiato», dice Collingwood. Complice il desiderio del proprietario di vivere in un'altra epoca, e di non separarsi per nessun motivo da tutto ciò che l'ha circondato da quando è venuto al mondo, nel 1934. Molti antiquari si sono fatti avanti per convincerlo a vendere alcuni dei suoi "cimeli", ma l'anziano signore di West Bridgeford, nel Nottinghamshire, si è sempre rifiutato di cedere qualunque cosa. John Collingwood utilizza gli stessi elettrodomestici acquistati dalla madre dagli anni Trenta agli anni Cinquanta. Il suo frigo ha più di cinquant'anni, la cucina a gas e il grammofono risalgono a prima della guerra mondiale. C'è anche lo stesso aspirapolvere Hoover utilizzato dalla madre, che definire vintage sarebbe un eufemismo; la "carrozzeria" mostra i segni del tempo, tuttavia funziona ancora benissimo. Non c'è, apparentemente, un motivo che spinge il vecchio John a rimanere ancorato al passato. Semplicemente gli va di farlo, in parte convinto del fatto che la sua famiglia sarebbe onorata dal suo comportamento: «Mi piace pensare che io e la casa in cui abito da sempre stiamo invecchiando insieme». In realtà alcuni sociologi pensano che l'esperienza di Collingwood sia più comune di quanto si possa immaginare e che in parte derivi dalla volontà di fuggire da un presente troppo stressante, critico e complicato. «Non a caso si fa spesso riferimento agli anni Cinquanta, periodo di grande fervore sociale», racconta Mauro Ferraresi, docente di Sociologia dei Consumi allo Iulm di Milano. «Ma potrebbe anche essere la volontà di fermare "l'accelerometro" che condiziona la nostra società facendo sembrare vecchio, domani, un prodotto uscito oggi». Esempi ce ne sono parecchi, cominciando proprio dall'Inghilterra dove Joanne Massey, trentacinquenne, ha scelto di vivere in una casa tipicamente arredata secondo i costumi degli anni Cinquanta, con elettrodomestici del dopoguerra e una Ford d'antan. Ne va anche del suo comportamento. Con il marito, un designer di 42 anni, si comporta proprio secondo i dettami di una società tramontata da lustri. Fa fare a lui la benzina e qualunque lavoro "maschile", infischiandosene, suo malgrado, delle conquiste legate ai movimenti di emancipazione femminile. «Mi piace pensare alle relazioni uomo-donna di una volta, dove ognuno aveva il suo ruolo: le donne dovevano essere soprattutto femminili, gli uomini protettivi». E' la stessa filosofia di vita espressa da Debbie Cleulow, 34enne inglese, legata soprattutto agli anni Quaranta che, proprio come le donne di quel tempo, ama trascorrere le sue ore dedicandosi al taglio e cucito e alla preparazione di torte e marmellate: «Ho fatto della mia casa un santuario degli anni Quaranta», spiega, «e il mio mito è Ava Gardner». La sua casa è allestita con mobili e suppellettili originali, risalenti al periodo bellico: un servizio piatti del 1940 e una camera da letto in rovere ereditata dai nonni, sono i suoi pezzi migliori. Non tutti, comunque, amano volare così indietro nel tempo. Per altri è sufficiente fare un salto agli anni Ottanta. Di pochi giorni fa, per esempio, è la notizia di una famiglia canadese che ha deciso di tornare a vivere come se fosse ancora il 1986. Via quindi tablet, smarthphone, internet, tv digitale e lettori mp3. «Ho pensato di proporre ai miei figli com'era la vita quando la tecnologia non era così preponderante», spiega il capofamiglia Blair McMillian, «e i più giovani passavano quasi tutto il loro tempo all'aria aperta». Parere condiviso dalla moglie che aggiunge: «Non è stato facile separarmi da facebook, ma ora mi rendo conto che la nostra scelta sia un vero toccasana per lo spirito famigliare».

Nostalgia del passato?

Gli Amish, comunità religiosa nata in Svizzera nel Cinquecento, oggi attiva in USA, fanno a meno dell'elettricità e delle automobili. Il loro abbigliamento e lo stile di vita ricorda gli agricoltori americani dell'Ottocento.

Paul Miller, giornalista di The Verge, e blogger di successo è tornato al passato per un anno decidendo di vivere 365 giorni senza internet. Di nuovo online ha rivelato di non essere migliorato senza Rete.

Gli Elfi rappresentano una società di poco più di duecento persone che abita le pendici delle montagne pistoiesi. Vivono di pastorizia, agricoltura e attingono l'acqua da pozzi artesiani costruiti con le loro stesse mani, come i vecchi abitanti degli Appennini.

Molti tedeschi dell'est vorrebbero vivere ancora all'epoca della DDR. Un sondaggio del quotidiano "Berliner Zeitug" afferma che il 49% degli ex abitanti della Germania Est pensa che la DDR "aveva più lati positivi che negativi".

(Pubblicato su Il Giornale il 12 settembre 2013) 

venerdì 13 settembre 2013

Tachynes familiari


Ieri notte aggirandomi per la mia casa simil campestre, al posto delle solite scutigere, ho incontrato un nuovo amico sicuramente riconducibile agli ortotteri. Più difficile è stato stabilire la specie. Il corpo molliccio e le lunghissime antenne mi hanno indotto a pensare che potesse trattarsi di un rhaphidophoridae, ma sono ancora adesso indeciso fra il Tachynes asymorous e il Dolichopoda azami. Propenderei però più per il primo, considerato che il secondo si trova a suo agio soprattutto in ambienti cavernicoli. 

lunedì 9 settembre 2013

Enagra e speronella, specie agratesi

Girando per i campi di Agrate Brianza quest'estate, m'è capitato di osservare due specie botaniche che non avevo mai preso in considerazione e che non credevo presenti sul nostro territorio. Sono l'enagra comune (Oenothera biennis), appartenente alle onagracee e la speronella (Consolida ragalis), delle ranuncolacee, che di primo acchito ho scambiato per un aconito. Benché i manuali dicano che sono entrambe diffuse, io le ho viste solo in un punto ben preciso, l'area campestre che divide Agrate da Concorezzo, limitrofa alla tangenziale; lo stesso è accaduto tempo fa con il cardo dei lanaioli (Dipsacus follonum) che per ora ho individuato solo fra gli incolti di Omate che si affacciano sul Molgora.  

Speronella
Enagra comune

venerdì 6 settembre 2013

Viaggio di sola andata per Marte: in lizza anche 35 italiani


"Nessuno di noi ha intenzione di morire": sembra più un ossimoro che non una reale e consapevole affermazione legata all'ipotesi di volare su Marte senza mai più tornare a casa. A pronunciarla è Leila Zucker, 45enne medico statunitense di un pronto soccorso, uno dei 170mila volontari che si sono proposti per raggiungere il pianeta rosso nel 2023, in seguito a una missione che prevede l'ammartaggio, ma nessun viaggio di rientro. Il motivo è semplice. Spedire su Marte delle persone, senza preoccuparsi del loro ritorno, abbassa drasticamente le spese e consente di concentrarsi solo su determinate operazioni, tralasciando quelle più complesse. Potrà anche suonare cinico e antietico, tuttavia è proprio questo il succo del progetto fantascientifico di Mars One, un'organizzazione apolitica privata, il cui intento è quello di stabilire una colonia su Marte attraverso l'integrazione delle tecnologie attualmente disponibili. Esattamente fra dieci anni; con quaranta astronauti. Siamo alla fase uno, la "selezione del personale", ma tutto sembrerebbe procedere secondo il programma stilato dai due boss dell'iniziativa, Bas Lansdorp, olandese, ingegnere meccanico, e Arno Wielders, fisico, membro del team del progetto del Very Large Telescope Interferometer Dealy Line. I capi dell'organizzazione sono felici di avere ricevuto tante adesioni, ma le ritengono inferiori alle aspettative; molte, peraltro, le figure vittime di qualche disagio mentale e sostanzialmente inconsapevoli di ciò per cui andavano proponendosi. Stupisce - ma d'altra parte conferma anche la serietà del progetto - la presenza di due leggende assolute dello spazio: Buzz Aldrin (che nel 2023 avrà 93 anni), il secondo uomo ad aver calpestato il suolo lunare, con l'Apollo 11; e Valentina Tereskova, la prima donna a volare a bordo di una navicella spaziale cinquant'anni fa, classe 1937. E l'Italia? Sono 35 i temerari che si sono "iscritti" alla missione di Mars One. Chiunque può conoscerli visitando il sito dell'organizzazione, dove ogni potenziale astronauta ha evidenziato i motivi che lo spingono a volare su Marte, abbandonando per sempre i propri cari. C'è, per esempio, Marlon, web developer, esperto di design e fotografia, 25 anni, convinto che "un viaggio del genere cambierebbe il nostro modo di vivere e pensare"; dice che per lui sarebbe un onore prenderne parte e che gioverebbe alla missione per la sua "positività". Parere condiviso da Paolo, 35 anni, programmatore di videogame, agnostico, vegano, che sogna di vedere il suo nome inciso fra i documenti che racconteranno del primo ammartaggio della storia umana. Carlo, 57 anni, fisico, è più prosaico. Se anche non rispettasse alla perfezione i canoni richiesti dal profilo ideale, ci tiene a fare sapere che da sempre desidera raggiungere i "luoghi più lontani". E c'è una donna, Silvia, ventottenne, geologa, che vorrebbe essere l'unico membro femminile della trasvolata spaziale: "Sulla Terra sono allergica a tutto, non sopporto la vegetazione. Sono sicura che tutti noi avremmo bisogno di incontrare nuovi spazi. Nel mio caso, preferirei un contratto a lungo termine per sempre, che dover ogni giorno lottare con la necessità di cambiare".

(Pubblicato su Il Giornale, giovedì 5 settembre 2013)

lunedì 2 settembre 2013

Il "pane degli angeli"


E' una delle storie più avvincenti e affascinanti della Bibbia: la fuga del popolo ebraico dall'Egitto, alla conquista della Terra promessa. A capo degli ebrei c'è Mosè, il rav per antonomasia (il grande maestro), appannaggio della tradizione non solo ebraica, ma anche cristiana e musulmana. La lunga odissea narrata nell'Esodo, è costellata di eventi miracolosi, di cui, forse, il più noto è quello relativo alla divisione delle acque del Mar Rosso; sull'argomento si sono concentrati anche gli scienziati, supponendo un evento naturale in grado di provocare uno sconquassamento della geologia locale, tanto da permettere al popolo di Dio di lasciarsi definitivamente alle spalle gli egiziani. Ma altrettanto significativo è il miracolo della "manna dal cielo", su cui spesso si fa confusione, non sapendo bene di cosa si tratti e come sono andate realmente le cose. Innanzitutto un breve excursus. E' il momento in cui il popolo ebraico è in fermento. La Terra promessa pare un miraggio, "il popolo in cammino" ha fame e sete, ma non c'è traccia di un'oasi che possa rifocillare l'immensa carovana di emigranti. Nel deserto di Sin, fra Elim e il Sinai la situazione precipita, i viveri scarseggiano al punto che il timore di morire di fame e sete è tutt'altro che remoto. Gli ebrei cominciano a rimpiangere i tempi della schiavitù, e il pane fresco di cui sovente potevano disporre. Ma qui avviene il miracolo: una sera l'accampamento degli ebrei viene ricoperto di quaglie e al mattino si trovano circondati da una strana rugiada edibile, la manna. In questo modo il popolo di Mosè può saziarsi e la tradizione vuole che per quarant'anni - prima di giungere ai confini di Canaan - continui a nutrirsi grazie a questa "benedizione". Ma cos'è la manna e in che modo può essere spiegato il miracolo della Bibbia? Da un punto di vista scientifico s'intende una sostanza zuccherina che sgorga naturalmente da piante come l'orniello, e che indurisce a contatto con l'aria. In Italia è presente in Sicilia. L'evento della Bibbia narra di un prodotto simile, caratterizzato da un sapore riconducibile a quello delle focacce con il miele. Il talmudista Eleazaro di Worms ne parla come del "pane degli angeli", forgiato da "macine celesti". Del resto è soprattutto nel Talmud che si fa riferimento alla manna, paragonata a una pietra preziosa, ma anche a una "frittella cotta nel miele". La manna guarisce inoltre i malati e, secondo la tradizione rabbinica, una parte di essa viene collocata da Aronne nell'Arca dell'alleanza. Stupisce che per decenni gli ebrei siano stati costretti a mangiare lo stesso cibo, ma anche in questo caso la mano divina sarebbe intervenuta consentendo a ogni rappresentante del popolo israelitico di assaporare una propria "manna personale", caratterizzata da gusti peculiari. La scienza raddrizza il tiro dicendo che da sempre ci sono popoli che, abitando anche gli angoli desertici più aridi, hanno imparato a vivere nutrendosi di ciò che la natura ha da offrire. I nomadi del deserto, dalla notte dei tempi, all'allevamento delle capre e al consumo di fichi e datteri, affiancano la raccolta di sostanze dolciastre, simili al miele, prodotte da insetti che si nutrono della linfa delle tamerici, piante particolari tipiche delle regioni più calde e asciutte. E' probabile che la manna biblica sia proprio questa. Analogamente, ancora oggi, ci sono varie specie ornitologiche, fra cui le quaglie narrate nelle sacre scritture, che precipitano al suolo esauste o prive di vita, dopo lunghe tratte "marine", soddisfacendo le esigenze alimentari degli abitanti del deserto. 

(Pubblicato sul numero 5 del settimanale "Miracoli")