lunedì 14 luglio 2014

La frutta che fa male


La raccomandazione dei medici è sempre la stessa: soprattutto d'estate è meglio consumare più frutta e verdura possibile, per mantenere il corpo idratato e assimilare importanti sostanze nutritive. Quel che, però, anche gli addetti ai lavori considerano solo in parte, è che non tutti i vegetali offrono lo stesso apporto dietetico. E che, dunque, alcuni di essi fanno molto bene, altri benino, e alcuni, addirittura, potrebbero provocare qualche problema. L'argomento è stato affrontato in modo specifico dagli esperti della William Paterson University di Wayne, nel New Jersey, in Usa; che hanno stilato una vera e propria classifica dei vegetali più benefici per la nostra salute, in base a un punteggio di “densità nutritiva”, riferito a concentrazioni di proteine, fibre, calcio, ferro, potassio, zinco e vitamine. 47 gli alimenti presi in considerazione, 41 quelli finiti nella cosiddetta “Powerhouse Fruits and Vegetables”, convalidata dall'autorevole Centers for Disease Control and Prevention (CDC). “Uno studio in funzione dei consumatori che potranno conoscere meglio le proprietà nutrizionali dei vegetali consumati abitualmente”, racconta Jennifer Di Noia, la professoressa a capo della ricerca. Al primo posto risulta un alimento non proprio diffusissimo sulle nostre tavole: il crescione (punteggio pieno: 100). Delle sue eccellenti proprietà se ne parla fin dall'antichità, tanto da essere soprannominato “l'insalata che guarisce”. Appartiene a una delle famiglie botaniche più indicate per il benessere umano, quella delle brassicacee, comprendente anche numerose varietà di cavolo e cavolfiore. Posseggono proprietà antiemorragiche, antiossidanti, depurative; regolarizzano il ciclo mestruale, tengono lontane le malattie da raffreddamento e, per via dell'alta presenza di isotiocianati, combattono l'accumulo di sostanze cancerogene. Il crescione si consuma in insalata o nella minestra, affiancato spesso ad altre verdure (per contenere il suo forte sapore), e assicura un eccezionale apporto vitaminico e di sali minerali. Depura ed è afrodisiaco. Il cavolo cinese occupa il secondo posto (91,99). Detto anche “cavolo di Pechino”, è ricco di vitamina C ed A, acido folico e potassio. Il suo apporto calorico è bassissimo ed è quindi consigliato a chi vuole perdere peso. Nelle prime posizioni compaiono anche gli spinaci (86,43), la cicoria 73,36), il prezzemolo (65,59), la lattuga (63,48), e la senape (61,39). Più in fondo nella classifica ci sono, invece, alimenti come la fragola (17,59), la zucca (33,82) e il pompelmo (11,64). Quest'ultimo può essere controindicato per chi assume farmaci anticoncezionali o per tenere a bada l'accumulo di grassi nel sangue. I suoi principi attivi, infatti, interferiscono con quelli contenuti nei medicinali, annullando l'azione benefica della sostanza farmaceutica. La zucca, invece, può creare problemi ai bimbi allergici. Simile il discorso per le fragole, prodotto sconsigliato anche a chi è soggetto a ulcere, gastriti e coliti. Rimangono fuori dalla super-lista alimenti insospettabili come il mirtillo, il mandarino e perfino l'aglio e la cipolla, notoriamente legati al concetto di “buona alimentazione”. In realtà non significa che facciano male, ma semplicemente che la loro densità nutritiva - vale a dire il giusto equilibrio fra vitamine, minerali, e altri principi attivi essenziali – non è pari a quella di altri prodotti vegetali; e che quindi hanno uno spettro di azione benefico meno ampio. Tuttavia possono essere caratterizzati da sostanze particolari che altri alimenti non hanno, ed essere pertanto indicati per contrastare malattie specifiche. È il caso del mirtillo nero che indubbiamente fa molto bene a chi soffre di problemi di natura venosa. Grazie ai tannini e ai glucosidi antocianici che hanno il potere di rafforzare il tessuto connettivo che sostiene i vasi sanguigni. Questo tipo di frutta è importante anche per prevenire disturbi renali e l'accumulo dei pericolosi radicali liberi, derivanti dalle principali attività metaboliche dell'organismo.

venerdì 4 luglio 2014

Matrimoni in via di estinzione


La metà dei ventenni di oggi non si sposerà mai. Le coppie, infatti, sono sempre più propense a convivere che non a convolare a nozze. Il fenomeno coinvolge tutti i paesi industrializzati. La ricerca condotta in Inghilterra dalla Marriage Foundation rivela che il 47% delle donne e il 48% degli uomini che oggi hanno vent'anni, non varcheranno mai le porte di una chiesa o di un municipio per siglare ufficialmente la loro unione. Per i quarantenni le cose vanno un po’ meglio, ma sono ben lontani dai numeri che riguardavano le passate generazioni, in particolare i nati fra la fine della seconda guerra mondiale e i primi anni Sessanta (con l'87% degli uomini e il 92% delle donne con la fede al dito). Si stima infatti che chi ha oggi 40 anni si sposerà nel 61% dei casi, se maschio, e nel 68%, se femmina (metà, in realtà, sono già sposati). I numeri indicano chiaramente che il matrimonio è un aspetto della società destinato a scomparire o perlomeno a trasformarsi in qualcosa di obsoleto. Un dato su tutti: 44 anni fa i venticinquenni sposati erano il 60% degli uomini e l'80% delle donne; oggi sono solo il 10% delle venticinquenni e il 5% degli uomini della stessa età. Perfino in Italia, paese cattolico per eccellenza, il sacramento ha subito negli ultimi anni un grave declino. Nel periodo fra il 2008 e il 2012 c'è stato un calo dei matrimoni del 91%. I dati Istat confermano che nel 2008 ci sono stati in Italia 34.137 matrimoni, contro i 32.555 del 2012. E in gran parte si parla di matrimoni misti, 20.764, nel 2012. Harry Benson, a capo della ricerca, non ne fa una questione religiosa, né morale, ma puramente sociale: «Il matrimonio offre un modello di famiglia ideale al quale ispirarsi per una crescita sana delle nuove generazioni». Ma perché ci si sposa sempre meno? In primo luogo perché il lavoro non offre più le garanzie del passato. Cassintegrazione, disoccupazione, contratti a progetto, sono, in fondo, un modo diverso per sottolineare che non esistono più i presupposti per mettere su famiglia; perché il matrimonio costa. E se non va bene, costa ancora di più. E' il pensiero che avanzano gli esperti dell'Istat, aggiungendo che in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando, il fenomeno non può che incrementare. La precarietà delle famiglie, e il mondo giovanile devastato dalla mancanza di lavoro, fa sì che l'ipotetica data di matrimonio sia spostata sempre più in là, fino a perdersi nei meandri delle tante cose prospettate per la propria esistenza, che in realtà non si realizzeranno mai. Chi è fortunato si sposa comunque, ma con molti più capelli grigi dei neosposi della passata generazione. Il matrimonio ha inoltre perso il valore di un tempo. Oggi non ci si sposa più perché ci si deve sposare, ma perché ci si vuole sposare. Dunque sono sempre meno le persone che coscientemente affrontano l'idea di affiancare per "la vita" un partner, influenzati dal fatto che divorzi e separazioni sono ormai all'ordine del giorno. Un futuro, quindi, senza più matrimoni? Forse. In realtà c'è anche chi pensa che avverrà il fenomeno contrario, con una ripresa delle unioni civili e religiose. L'Huffington Post ha, infatti, pubblicato recentemente uno studio nel quale spiega che in Usa il 40% delle persone ritiene il sacramento un aspetto sociale antiquato e superato; ma aggiunge che esiste almeno un 61% di statunitensi che spera vivamente un giorno di poter convolare a nozze.