martedì 30 agosto 2016

La nuova corsa allo spazio


Fece da contraltare alla Guerra Fredda: la corsa allo spazio. E se il primo risultato fu a favore dei russi, con la messa in orbita del primo satellite artificiale (1957), sappiamo bene chi arrivò per primo sulla Luna (1969). Poi la sfida alle profondità del cosmo si è un po' affievolita o, meglio, è continuata, ma senza l'agonismo sfrenato dei tempi d'oro. Fino a oggi, che, nuovi attriti geopolitici (Siria, Ucraina) stanno mettendo ancora una volta in contrasto Usa ed ex Unione Sovietica. E come da copione, ecco riproporsi la corsa all'immensità dei cieli. Come stanno le cose? L'ingegneria spaziale ha fatto passi da gigante, conquistando mete impensabili negli anni Settanta (al tempo delle missioni Apollo): siamo atterrati su una cometa, abbiamo scoperto centinaia e centinaia di pianeti extrasolari, passato al setaccio Marte, fotografato Plutone. Ma proprio perché si è già scoperto molto, sembrerebbe che l'attenzione dei centri aerospaziali di America e Russia, sia ora indirizzata a qualcosa di più ludico: il turismo spaziale. 
E come alla fine degli anni Cinquanta, in testa, sembra esserci la Russia. Le date lasciano il tempo che trovano, ma una c'è già: 2020. E così la destinazione: Luna. Ma non sarà un novello Neil Armstrong a telefonare a casa dopo aver fotografato dal vivo i cristalli di regolite, bensì una persona comune; per modo di dire, perché per poter imitare i cosmonauti delle missioni Apollo occorrerà sborsare 150 milioni di dollari (132 milioni di euro). E' il costo necessario per salire a bordo di una navicella Soyuz modificata, e andare a venire dal nostro luminoso satellite. Non è previsto l'allunaggio (considerato al momento troppo pericoloso e dispendioso), tuttavia l'iniziativa è quella di permettere a "chiunque" di  sorvolare a una distanza super ravvicinata la Luna, come fecero gli astronauti della missione Apollo 8, un anno prima della conquista ufficiale del satellite.
La società russa in pole è la RKK Energia, battezzata nel 1946 in onore dell'astronauta Sergej Korolev. Otto le persone che godranno del primo vero viaggio spaziale. Quattro quelle già in lizza. E un'ipotetica quinta assai nota: James Cameron. C'è d'aspettarsi di tutto dal regista americano che, al di là delle belle lezioni cinematografiche offerte da Titanic e Avatar, ha già dato prova della passione per le missioni estreme, come quella che l'ha visto impegnato a bordo di Challenger Deep, per raggiungere il punto più profondo dell'oceano, la Fossa delle Marianne. E gli Usa?
Non stanno certo dormendo in piedi. Anzi. Non è da escludere un sorpasso all'ultimo, come accadde quasi cinquant'anni fa con la corsa al primo allunaggio umano. In questo caso gli occhi dei media sono rivolti a un nome altrettanto in voga: Jeff Bezos, fondatore di Amazon e della Blue Origin. Bezos è addirittura l'indomani: il 2018. La promessa riguarda un volo attorno alla Terra, dalle profondità siderali, dove il nostro pianeta appare come una magnifica sfera blu. I test sperimentali sono previsti per l'anno prossimo. Il primo volo con a bordo turisti spaziali, appunto, per l'anno successivo. Non vale tanto quanto la promessa russa, ma è difficile stimare chi saprà fare di meglio. Peraltro gli Usa non si fermano a Bezos, ci sono anche Elon Musk e Richard Branson. Il primo, fondatore di PayPal, punta ad accompagnare i turisti spaziali sulla Stazione Internazionale già dal 2017; e i primi astronauti su Marte, nel 2024. Branson, della Virgin, vola un po' più basso, ma promette per 250mila dollari di far girare intorno alla Terra da 100 km entro la fine del 2017.
Cina permettendo. Era, infatti, fuori dai giochi nel dopoguerra, ma per il futuro della corsa allo spazio potrebbe entrare a gamba tesa e beffare tutti. Il programma cinese propone voli low cost a 70mila euro per un viaggio spaziale di cinque minuti oltre l'atmosfera. E la conquista del Pianeta rosso entro il 2033. Date approssimative, ma i primi ad allunare dopo 37 anni sono stati proprio i cinesi nel 2013. Usa e Russia sono avvertiti. 

lunedì 29 agosto 2016

Pabbio, la specie "nascosta"

Da sempre la confondo con la coda di topo. Finalmente sono riuscito a risolvere l'arcano mistero: non si tratta di una Phleum pratense, ma di una Setaria viridis. E' sparsa per tutto il territorio.




sabato 27 agosto 2016

La geologia di Amatrice


L'Italia è uno dei paesi sismologicamente più attivi del mondo. Motivo per cui i terremoti avvengono con frequenza ed è impossibile prevedere quando avverrà il prossimo. La scienza può solo soffermarsi sulle zone più sensibili, ma non creare i presupposti per sventare pericoli futuri. La zona dove è avvenuto l'ultimo grave episodio sismico rientra in questo quadro. Cosa sta succedendo sotto i piedi di chi abita fra Lazio, Abruzzo e Marche? Il riferimento è a un'area geologicamente giovane; gli Appennini, infatti, a differenza di molti altri contesti montuosi (comprese le Alpi che hanno già cento milioni di anni), rappresentano una catena formatesi di recente e, dunque, ancora nel pieno della sua evoluzione. Sotto il corrugamento appenninico risiedono zone di accumulo energetico (dette faglie) che percorrono quasi tutta l'Italia da sud a nord; e soggette a forze che provocano "tira e molla" delle rocce che a lungo andare possono determinare gravi scosse sismiche. Questo il succo della questione. Perché proprio in centro Italia? Perché è lì che, in particolare, gli Appennini stanno diventando "grandi": "Lo testimoniano i dati satellitari", ci spiega Giuliano Milana, sismologo dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, "che mostrano uno spostamento della fascia appenninica e adriatica verso nord-est con una velocità di circa 2-3 mm/anno". Per la verità non è solo il cuore dell'Italia, ma anche il settentrione. "Nell'Appennino centro-settentrionale abbiamo terremoti cosiddetti distensivi, ed esempi sono gli eventi di Colfiorito del 26 settembre 1997 e di L'Aquila del 6 aprile 2009. Al contrario, abbiamo terremoti compressivi nella zona marchigiana". E' il risultato di uno studio pubblicato su Lithosphere, rivista della Geological Society of America: racconta nei dettagli la dinamica appenninica, soffermandosi sul processo di sollevamento di una parte della catena montuosa, proprio in corrispondenza di Umbria, Marche e Lazio. Eventi isolati e sporadici? Non proprio. E', infatti, la risposta a un processo geodinamico più complesso che coinvolge anche Adria. E' una piccola placca litosferica confinante con la grande placca africana e con quella euroasiatica. Si è staccata dalla prima nel Cretaceo (da 140 a 70 milioni di anni fa), scontrandosi con la seconda in epoca recente. Così sono nate le Alpi. Si muove verso nord-est con una leggera rotazione antioraria e rappresenta un'area molto instabile dal punto di vista geologico. Ecco perché è continuamente segnata dai terremoti e perché in futuro il mare Adriatico si trasformerà in un lago. E' anche il motivo per cui i terremoti disastrosi in Italia stanno aumentando? Non è così. I terremoti avvengono con una certa periodicità, ma gli episodi sismici non sono in crescita. Le scosse di discreta intensità avvengono in media ogni sei o sette anni (in Italia). E la statistica anche in questo caso è stata rispettata. Per essere precisi sono quasi quarant'anni che non avvengono terremoti con un'intensità superiore ai sette gradi della scala Richter, come quelli che hanno colpito in passato l'Irpinia (con quasi tremila vittime), Avezzano (32mila), e Messina (82mila). Il Futuro? Non esiste in termini sismologici. Si è provato in tutti i modi a stimare la possibilità di un evento sismico di un certo rilievo; con il radon, i satelliti, lo studio delle scosse premonitrici; ma in tutti i casi i risultati sono stati ben al di sotto delle aspettative. L'unica soluzione per evitare altri disastri come quello generato dall'ultimo terremoto in centro Italia, riguarda il potenziamento delle infrastrutture con la messa in sicurezza degli edifici più vecchi e l'utilizzo di strategie antisismiche per quelli di nuova generazione. E' noto infatti che la stessa potente scossa in luoghi diversi della Terra può determinare un numero grandissimo di vittime, così come nessuna, proprio in base a una oculata scelta architettonica.

lunedì 22 agosto 2016

Riflessioni antropologiche da una spiaggia friulana


Sotto gli ombrelloni non siamo tutti uguali, si sa. C'è quello che discute di politica, chi sta solo in ammollo, il tipo che legge senza sosta... e c'è chi, per imperscrutabili dinamiche del fato, sceglie di destreggiarsi in antropologia; e potrebbe, forse, avere fra le visioni più originali della spiaggia, soffermandosi su particolarità che ai più sfuggono.  Di cosa si tratta? L'uomo porta da sempre dentro sé i semi del suo passato; e nonostante l'affinamento dell'hitech e del bon ton, rimane comunque ancorato ad aspetti che rimandano ad epoche ancestrali, corroborate dai nostri antichi progenitori, e mai del tutto scomparse. La signora dell'ombrellone vicino all'antropologo si chiama Luigia; ha già ottanta anni, portati benissimo. Il suo passatempo preferito è pettegolare. Sa tutto di tutti quelli che la circondano nel raggio di un chilometro. Potrebbe scrivere un bellissimo libro di storie, e invece va avanti a pettegolare. Perché il pettegolezzo, oggi ricondotto a una fenomenologia perlomeno contraddittoria, è stato una delle armi più importanti per l’evoluzione umana. Senza il pettegolezzo potremmo dire che l'uomo non sarebbe dov'è. Il gossip, infatti, nasce per le necessità di sapere cosa fanno gli altri, e in questo modo adottare lo stratagemma più valido per poter fronteggiare le vicissitudini dell'esistenza. Le donne si incontravano e pettegolavano; poi, nel proprio clan, facevano tesoro delle informazioni apprese, preparando un nuovo piatto, ricamando un nuovo vestito, o suggerendo al proprio piccolo di non comportarsi in un certo modo perché potrebbe essere pericoloso. La Luigia della spiaggia perpetua un comportamento assunto dalla nostra specie migliaia di anni fa e senza saperlo si fa portavoce di una bellissima lezione comportamentale. Non finisce qui. A un certo punto la donna è affiancata da un ragazzotto robusto e riccioluto. Scopriamo che si chiama Marco, è il nipote, e avrà su per giù una ventina d'anni. Le sussurra qualcosa e così la Luigia con amorevolezza si mette a spalmargli la crema solare sulla schiena. E' una scena molto bella, perfino poetica, ma anche qui, l'antropologia batte ciglio. E rimanda addirittura a prima dell'avvento del genere Homo. Siamo in Africa, milioni di anni fa. Nella gola di Olduvai uno dei passatempi preferiti dalle forme australopitecine è spulciarsi. Lo fanno ancora oggi le scimmie. Per ore accarezzano il famigliare liberandolo dagli artropodi, ma dandogli anche sicurezza e affetto. E' lo stesso gesto compiuto dalla signora Luigia, che ancora una volta conferisce valore all'indissolubile legame che ci amalgama al nostro passato e giustifica la premura della cosiddetta cura parentale, prerogativa dei mammiferi. Ma in spiaggia non c'è solo la Luigia a darci lezioni evoluzionistiche. Ci sono anche un mucchio di bimbi scalmanati. Hanno tantissimi giochi a loro disposizione: secchielli, palette, racchette, palline e palloni... eppure, se li interroghi, diranno che c'è un solo piacere eccelso: cacciare gli animali. E così, contravvenendo al buon senso di rispettare sempre e comunque la natura, si mettono a catturare pesciolini, granchietti e molluschi. Loro non lo sanno, ma anche in questo caso, obbediscono a un criterio comportamentale consolidatesi milioni di anni fa, quando il nostro albero evolutivo abiurò il mondo dei raccoglitori per benedire quello dei cacciatori. Noi tutti abbiamo ancora questo istinto di cacciare, anche se abbiamo i supermercati a portata di mano. Inutile dilungarsi sulla sfilza di signorotti armati di ami e supercanne che affollano il pontile e pescano senza averne bisogno, se non per contemplare un'appetenza diversa, dall’imprescindibile valore atavico. Infine arriva la sera. E la Luigia, con il nipote, un’amica del nipote e alcuni pescatori, ordinano un piatto a base di carne di maiale. Arrivano tonnellate di costine che è impossibile gustare affidandosi ai principi della buona educazione. Si usano le mani. Nessuno si scandalizza. Ma non è solo l’uso delle mani. È anche la voracità perversa con cui si addenta la polpa, scarnificando senza alcuna grazia la costola dell’ex animale. Ebbene, di nuovo il quadro sociale è ascrivibile a un contesto che va oltre la nostra quotidianità. Si mangia proprio come mangiavano i neandertaliani che per 200mila anni hanno abitato la gelida Europa. Se poi ci fosse il fuoco tutti ce ne renderemmo conto. Nei falò bruciano ancora i sogni e le emozioni dei nostri antichi progenitori; ecco perché ogni volta che ne accendiamo uno non ci stancheremmo mai di fissarlo, incantati dalla sua ineffabile magia.